Ritratti: Weah, la favola del Re Leone (di Claudio D'Aleo)


Analisi statistica del Fuoriclasse

George Weah è nato a Monrovia il 1 ottobre del 1966. E’ stato uno dei più forti centravanti della Storia del Milan e dell’intero Movimento calcistico internazionale.  Alto 184 cm. pesava 76 kg. Imprevedibile e talentuoso, ha giocato con i rossoneri dal 1995 al 2000 totalizzando 114 presenze e 46 gol. Centravanti potente, tecnico e dalle movenze raffinate, Weah con il Milan ha vinto 2 Scudetti (1995-1996; 1998-1999) e 1 Pallone d’oro nel 1995.  E’ stato Il primo giocatore africano a vincerlo. Ritiratosi dai campi di calcio nel 2002 ha intrapreso ben presto la carriera politica. Il 22 gennaio del 2018 è diventato il 25esimo Presidente della Liberia. E’ attualmente in carica seppur la Liberia si trovi, al momento, tra non poche difficoltà politiche ed economiche.

Dalla povertà alla Presidenza della Liberia

Marco Van Basten non giocava più dal maggio del 1993. Impossibile per lui continuare a esibirsi con quei dolorosi fastidi alla caviglia. Per ben due anni, al Milan, tutti hanno sperato che il mitico Cigno di Utrecht potesse tornare a indossare la maglia rossonera numero 9.  Nulla da fare. Nell’agosto del 1995, Van Basten fu costretto a gettare la spugna. La maglia numero 9, al Milan, la prese George Weah, avversario dei rossoneri pochi mesi prima nella semifinale di Coppa dei Campioni con i colori del Paris Saint Germain. La Storia di Weah rimarrà impressa negli Annali del calcio per la straordinarietà che ne ha caratterizzato l’essenza e il progressivo “divenire”. Dalla povertà in Liberia alla Presidenza della stessa passando per la magnifica esperienza vissuta in rossonero, il salto non è stato triplo ma oseremmo dire anche qualcosa in più.  George Weah oggi è una “favola” in carne e ossa. E’ l’esempio vivente di come dal nulla si possa diventare qualcuno sciorinando forza di volontà e umiltà. Interiorizzare e vivere la propria vita come un romanzo non è da tutti. E’ un’esperienza unica che non ha eguali. George ha sofferto tanto prima di diventare Weah. Sa cosa significa partire dal nulla. Ha patito ogni genere di privazione sin da piccolo aspettando l’occasione buona, quella giusta, quella della sua vita. Il calcio gli ha dato fama e ricchezza. Ha vissuto una vita fuori dal coro costellata da sogni a volte spezzati, a volte parcellizzatisi in realtà. Oggi è Presidente della Liberia. Una favola da raccontare ai più piccoli. Una vita da Weah, per l’appunto.

Il Re Leone scrive la Storia

Per George il calcio è sempre stato un mezzo di comunicazione prima ancora che un lavoro da vivere con gioia. Il pallone lo ha reso celebre, ricco, colto. Il pallone lo ha fatto maturare, prima ancora di renderlo Fuoriclasse. Attraverso il calcio Weah è riuscito a leggere la vita negli occhi degli altri entrando in “alchimia” con quelle “esperienze” al solo fine di trarne “vantaggio”, dunque “memoria”. Lui non ha mai dimenticato i suoi trascorsi e neppure la sua gente. Ha sempre vissuto, sofferto e lottato per la sua famiglia e per il suo popolo. Amava studiare se stesso in quel “tortuoso” divenire con il prossimo che lo ha reso uomo. La politica lo ha sempre “aspettato” e “corteggiato” fino a farne, anche in quel campo, un protagonista assoluto. Weah assorbiva da tutti, imparava da tutti. Il suo “crescere” è sempre stato costellato da “dribbling”. Dalle sue origini ad oggi George ha sempre “dribblato” tutto e tutti, anche i problemi. E’ stato il suo modo di “guardare” dentro se stesso e affrontare la vita. Concepiva il lavoro come “missione”. Attraverso il calcio Weah s’è riscattato da anni di sofferenze e tribolazioni, diventando il “simbolo” della sua Terra. Viveva il gol come valvola di sfogo. George riusciva a risolvere una partita dal nulla, grazie alle sue zampate da Campione, alla sua incredibile velocità e ad una potenza fisica fuori dal comune. E’ stato uno dei calciatori più colti e intelligenti del Calcio mondiale. In lui classe, agilità, forza fisica, cultura e voglia d’imparare si miscelarono talmente bene nel corso degli anni da farne un protagonista di assoluto pregio. Leggasi Fuoriclasse, sia in campo che fuori. Atleticamente era un Armadio a due “ante” “scattante” e imprendibile. Dribblava in velocità senza mai chiedersi dove fosse il suo avversario o che fine avesse fatto la palla. Il suo “rapporto” era con la sfera e solo con essa. Il resto quasi non gli importava. La palla era sempre dove lui voleva che fosse. Attaccata ai suoi piedi. Accanto a lui.


Altruista, potente, agile, forte di testa, ricco di fantasia, elegante come pochi altri pari ruolo di quel tempo, Weah possedeva tutte le caratteristiche del centravanti forte, tecnico, astuto e moderno. Potente, certo, ma dal passo felpato tipico delle “pantere”. Era sempre dove era necessario e naturale che fosse pronto a concludere in gol o a dialogare col compagno più vicino e meno marcato. In buona sostanza fu un centravanti d’area con le inclinazioni tipiche della punta “boa” o di “manovra”. Furbo e agile come un felino, lui il gol se lo costruiva in mente prima ancora di realizzarlo. Non segnava tantissimo ma riusciva a trasformare in realtà ciò che gli altri soltanto sognavano. I suoi dribbling lasciavano sul posto. Il suo gioco di gambe in “velocità” disorientava il marcatore più “battagliero”. Nell’uno contro uno non aveva paura di nulla. Scattava e non c’era modo di fermarlo se non ricorrendo al fallo. Lanciato verso l’area di rigore anche se uno gli si fosse attaccato alla maglietta non lo avrebbe né fermato né ostacolato. Era tanta la forza che Weah riusciva a sprigionare che quel difensore se lo sarebbe portato in rete entrando in porta con tutto il pallone. I suoi movimenti disorientavano. Pensavi d’averlo davanti e invece ti sbucava dalle retrovie. Non segnava molto ma i suoi gol erano decisivi.


Nei primi anni '90 George Weah era considerato uno dei migliori attaccanti del Mondo assieme a Ronaldo dell’Inter e a Romario del PSV Eindhoven malgrado non vantasse una verve realizzativa pari a quelle di altri prolifici attaccanti della sua generazione. Elogiato per la sua propensione al lavoro di squadra, per la sua grande classe e l'istinto in attacco, oltre che per le notevoli doti fisiche e atletiche cui abbinava una tecnica sopraffina e una genialità innata, George era un attaccante possente e a tratti inarrestabile, tanto che molti analisti videro in lui il calciatore capace di colmare, meglio di altri, il vuoto enorme lasciato nell'attacco del Milan dal precoce ritiro dal calcio del più grande centravanti della Storia milanista, il mitico Marco van Basten.

La tecnica sopraffina come parte del “tutto”

Oltre a possedere, come detto, velocità e abilità nel dribbling e a inanellare, con il trascorrere del tempo, buoni numeri realizzativi. Weah era anche un calciatore incline al sacrificio e al gioco di squadra, in grado di creare sovente occasioni da gol e assist per i compagni così come di “calarsi” egli stesso, “sua sponte”, nel cuore di ogni manovra d’attacco. In quelle “movenze” feline ed estemporanee, qualità e sostanza si intercettavano a vicenda. Al Milan – che lo acquistò per 11 miliardi di lire dal PSG– Weah ha vinto un paio di scudetti e un Pallone d’oro. Verrà ricordato per il celebre «coast to coast» con cui percorse al “galoppo” il prato di San Siro dalla sua area di rigore a quella del Verona realizzando il più incredibile e memorabile dei gol (scartò mezza difesa del Verona per presentarsi da solo davanti al portiere avversario e realizzare un gol stupendo).

Disegno di Simone Baruffi dalla Gazzetta dello Sport

Era l’8 settembre del 1996. Weah impiegò 14 secondi per la sua memorabile fuga: un mix di resistenza, corsa, tecnica, classe, forza fisica e coraggio. Chi lo vide all’opera disse che lui non giocava a pallone. Lui “danzava” con la palla come se la palla fosse una naturale “elongazione” di sé. George si “avvitava” su quel pallone come il più imprevedibile e poderoso dei ballerini. Lui, in campo, ha sempre fatto tutto quello che ha voluto. Attore protagonista di un “romanzo” divenuto leggenda. Il Milan e il calcio non lo dimenticheranno mai.

Claudio D’Aleo


Commenti

  1. Grazie Claudio.
    George Weah è un figlio di Eupalla.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un grandissimo giocatore e un grande personaggio (senza eccessi alla Balotelli)

      Elimina
  2. Ricordo Weah. Piaceva molto a mio padre.
    Non sapevo della sua carriera politica. Però!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Di Weah noi rossoneri siamo ancora tutti "innamorati". E' un idolo!

      Elimina
  3. Una bella storia che non conoscevo, anche se Weah me lo ricordo benissimo :)

    RispondiElimina

Posta un commento