Il Milan di Pioli non è in crisi: mancano i piani B tattici. E la cessione di Leao è un'incognita

Stefano Pioli, allenatore del Milan (foto da Ac Milan.com)

Paolo Maldini è stato un grande calciatore del Milan e anche da dirigente le sue letture sono praticamente perfette. Il 27 maggio 2022 emise una vera e propria sentenza:


Il Milan con una visione strategica di alto livello può andare a competere il prossimo anno con le più grandi. Se invece si scegliesse una visione di mantenimento, senza investimenti, senza un'idea da Milan rimarremmo nel limbo tra le migliori sei o sette squadre in Italia per tentare di rivincere lo scudetto e qualificarci per la Champions. Per questo è il momento che la proprietà, Elliott o quella che potrebbe arrivare, chiuda il triennio e capisca che strategia vuole per il futuro. Con due o tre acquisti importanti e il consolidamento dei giocatori che abbiamo possiamo competere per qualcosa di più grande in Champions League".


Maldini aveva capito tutto. Derubricare queste parole come un "metto le mani avanti" mi sembra ingeneroso nei confronti di un grande uomo di calcio. In queste parole c'è la lettura della stagione del Milan. Senza i tre colpi necessari per alzare l'asticella, il Milan è infatti "nel limbo tra le migliori 6-7 squadre di Italia".  Potrebbe arrivare secondo, potrebbe arrivare settimo (anche se sei punti sull'Atalanta e 11 sul Torino non sono affatto pochi..). La società ne è pienamente consapevole. Maldini ha messo "i piani alti alle strette": gli investimenti non sono stati fatti (i 32 milioni per De Ketelaere sono l'esborso con il "tesoretto" Champions, come i 28 e rotti per Tomori l'anno prima) e si è proseguito, sul mercato, con la strategia delle scommesse. Che siano giovani o vecchi, si tratta di giocatori che sommano potenzialità e incognite. Con la possibilità dunque di confermare lo scudetto, di arrivare secondi come nel 2020-2021, ma anche di fallire il principale obiettivo: la qualificazione alla Champions League. 

E qui bisogna aprire il capitolo relativo all'allenatore, Stefano Pioli. Pioli è un ottimo tecnico, tra i migliori in Italia. Ha forgiato un Milan capace di conseguire i massimi obiettivi pur rispettando severi parametri economici, con un payroll (ingaggi al lordo + ammortamenti annuali cartellini) calato da 200 a 140 milioni, inferiore dunque a quello di Juventus,  Inter, e Roma. Sui social il suo gioco viene definito "catapulta". Non è un termine improprio. Il Milan gioca sull'uno contro uno, recupera palla, Giroud o Bennacer puliscono la prima palla e aprono il gioco su Theo Hernandez e Leao. I due giocatori controllano, vanno in progressione palla al piede e fanno salire la squadra. A quel punto Tonali, lo stesso Giroud, Diaz, Saelemaekers o Messias si "catapultano" in avanti, in area per la conclusione a rete. Il gioco frenetico del "Diavolo" produce molte occasioni, che spesso vengono sprecate per limiti tecnici dei giocatori o per la scarsa lucidità a causa delle continue corse, indispensabili per evitare che la squadra si allunghi troppo. Ai difensori viene richiesto di giocare alti, il portiere (Maignan) diventa un libero aggiunto. Il Milan non ha un gioco di qualità, che garantisce spettacolo, ma ha un gioco collettivo che può entusiasmare. Ci sono giocatori che si sono cuciti addosso il gioco di Pioli, andando oltre i propri limiti: mi riferisco a Tonali, Krunic e Diaz. Ma quando Theo Hernandez e Leao non sono in condizione, tutto si complica. Il Leao post mondiale è l'ombra del giocatore che ha trascinato i rossoneri allo scudetto, l'alibi della posizione diversa, più centrale, tiene fino a un certo punto. Se questi giocatori si inceppano, il Milan va in difficoltà. Così come in assenza di Giroud, giocatore indispensabile per il pressing alto e per "pulire" i palloni. In rosa non c'è un sostituto. Lazetic, ancora purtroppo acerbo, potrebbe diventare un futuro Giroud, ha tutte le caratteristiche per farlo, diversamente da Højlund, che è un giocatore che "divora" gli spazi, che gioca in profondità. E qui apriamo un secondo capitolo.

Il Milan ha un rendimento altalenante, perché non può mantenere intensità fisica e mentale per tutti i 90 minuti di gioco, con 3 partite a settimana. In estate nasce dunque l'idea di sviluppare un gioco alternativo. Arrivano Origi, De Ketelaere e Adli. L'idea è quella di sfruttare la profondità in modo classico, come ha fatto la Salernitana nel recente match di campionato. Dia viene messo in porta da tre passaggi, che si sviluppano dalla trequarti dei campani. Gioco lineare, verticale, senza tanti fronzoli. Quando il Milan è in condizione, vince gli uno contro uno. In caso contrario, li soffre. Deve imparare a gestire queste situazioni. La Salernitana pressava sul giro palla del Milan con due o tre uomini. Bastava un cambio di gioco per trovare gli spazi lì dove gli spazi si venivano a formare. Il Milan però non è riuscito a sviluppare questo gioco alternativo. La squadra non digerisce piani diversi dal piano A: non inganni il passaggio dalla difesa a 4 alla difesa a 3. Gli interpreti, Calabria a parte, sono gli stessi. Nel Milan di Pioli De Ketalaere è un pesce fuori d'acqua, Adli ha giocato pochissimo, altrimenti avrebbe sofferto le stesse difficoltà. Origi ha il "rigetto" del piolismo, ma aggiunge anche vistosi limiti mentali che sono giustificabili in un 22enne o in un 23enne alla prima esperienza nel calcio ad alto livello, non in un quasi 28enne che ha giocato, seppur da riserva, in una delle squadre dell'élite del panorama internazionale.

È qui che andranno fatte le riflessioni a fine stagione.

La squadra non assimila un gioco diverso da quello principale. Colpa di Pioli? Colpa dei giocatori? Colpa di entrambi? Nessuno di noi fuori dall'ambiente di Milanello è in grado di dare una risposta. Il triennio indicato da Maldini si è concluso. Ma il progetto attuale, che tiene conto di parametri economici molto stringenti rispetto alle principali competitors, non è ancora da cestinare. Questo campionato infatti è stato reso anomalo dal mondiale disputato a novembre. È difficile pensare a un esonero di Pioli a giugno: serve una controprova.  Per un triennio chiuso, ne è iniziato un altro in cui il Milan è chiamato a una crescita collettiva e individuale, che quest'anno sembra raggiunta, ma solo nelle gare in Champions League (Chelsea a parte..). C'è sempre, spada di Damocle sulle ambizioni rossonere, il problema infortuni: il "Diavolo" continua a patirne tanti, specie nella prima parte di stagione. È un problema irrisolvibile, connotato al gioco dispendioso? In estate ci saranno diversi nodi da sciogliere, non solo il futuro di Leao (rinnovo entro il 30 giugno 2023 o cessione). Il Milan può sviluppare davvero un gioco alternativo, basato sulla ricerca della profondità con metodi più tradizionali? Se la risposta è no, è necessario intervenire sul mercato acquistando giocatori che possa fungere da alternativa concreta ai titolari, per farli rifiatare quando serve. In primis un vice Giroud e un vice Leao, rinunciando a due tra Origi, Ibrahimovic e Rebic. Serve il riscatto di Diaz, con relativa cessione di Adli, un centrocampista giovane da affiancare a Krunic, Bennacer, Tonali e Pobega (a meno che ci sia la conferma di Vranckx), un terzino sinistro al posto di Ballo Touré. Gli addii di Mirante, Bakayoko e Dest restringeranno una rosa effettivamente quantitativamente esorbitante, sperando che il lavoro sul settore giovanile inizi a dare i propri frutti: servono giovani che siano pronti per integrare un organico di 26 giocatori: 28 sono tanti, 30 sono troppi. Qualcosa si muove (Stalmach, Simic, Bakoune, Zeroli. Chaka Traorè rinnoverà?). Ad ogni modo il motore rossonero ha bisogno di qualche "cilindro" nuovo. Tuttavia il budget, Champions o non Champions, è comunque ristretto: servirà tanta fantasia. Il mercato dei parametro zero offre poche certezze e l'acquisto di Origi lo dimostra. Ingaggi troppo alti, commissioni: è un tipo di mercato che il Milan scandaglia solo per ritocchi (come Sportiello). La cessione di Leao potrebbe costituire una grande possibilità. Ma rinunciare a cuor leggero al portoghese non è facile: il miglior Leao trasforma il Milan in una squadra da scudetto, il peggiore lo fa scivolare inesorabilmente dietro.  

Riccardo Giannini


Commenti

  1. Tutto bello e giusto ma poi hai un Adli, Lazetic e un Pobega che non giocano mai, un Diaz che non fa una veronica dentro l'area neanche se t'ammazzi, l'incapacità cronica dell'approccio giusto alla gara. Anche con il Lukaku giusto vinci e quello sbagliato perdi. Leao è quello, ma non lo puoi togliere perché alla fine è l'unico ad accendersi, dovevi lasciarlo con Ibra, miccia e fuoco, invece metti dentro due micce e resti al palo.
    Non hai comprato nulla a gennaio, e credo che neanche quest'estate arriverà qualcuno, se poi buchiamo pure il quarto posto, addio mercato.
    Venerdì vorrei vedere un Napoli - City al sorteggio.. ma con queste lune che girano..

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    1. Adli purtroppo non è adatto al gioco catapulta..Pobega è un mistero, perchè mi sembra molto indietro rispetto a un Krunic. Diaz è adattissimo al gioco catapulta perché va in progressione palla al piede e ha la tigna nel pressing. Purtroppo arriva in area e sbaglia spesso l'ultimo passaggio..tira non tira mai.
      Sul mercato paradossalmente faremo di piu' scivolando fuori dalle prime quattro...bisognerà ovviamente muoversi con molta fantasia. Ma il Milan ha saputo cavarsela bene, nonostante tutto..

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