La crisi del Milan di Fonseca: motivi e possibili rimedi

foto Gazzetta.it

Il Milan è la grande "malata" di questo inizio di campionato.  I rossoneri hanno "steccato" le prime due partite e con questa partenza ad handicap rischiano di pregiudicare l'intera stagione.

"Mercato sbagliato, rosa scarsa, allenatore scarso, dirigenti scarsi, proprietà senza ambizioni": più o meno sono queste le argomentazioni non solo dei tifosi, ma anche degli opinionisti medi tra social, giornali e televisioni.

Analisi molto grossolane.

La rosa del Milan è assolutamente competitiva e non è stata allestita male, al netto di qualche lacuna ancora presente.

Tuttavia è inutile invocare l'assenza del vice Theo Hernandez quando questi è a disposizione, ma risulta il peggiore in campo per evidenti ragioni di ritardo dal punto di vista della preparazione fisica: con il Parma, palesi le responsabilità sui gol di Man e Cancellieri  (in questo caso era in grande ritardo nel rientrare in difesa dopo la palla persa da Leao). 

Idem l'assenza del vice Morata: vi siete chiesti perché Okafor e Jovic siano abilissimi a partita in corso, mentre dall'inizio il primo ciabatta la palla in area e il secondo non fa neppure quello?

Semplice, il primo si è speso in un pressing alto (spesso improduttivo), finendo per essere poco lucido in fase di finalizzazione, e il secondo non ha nelle sue corde inseguire l'avversario e pressarlo in maniera ordinata. Quando il Milan di Pioli era in svantaggio e iniziava a schiacciare l'avversario nella propria area, l'avversario rinunciava a giocare e in area Jovic e Okafor facevano valere la loro abilità come finalizzatori. 

Uno dei problemi principali del Milan 2024-2025 è proprio questo: la fase di pressing in fase di non possesso e la riconquista alta della palla.

Pulisic può ricoprire benissimo il ruolo di trequartista, come ha dimostrato nelle amichevoli: non si risparmia nella fase di pressing. Morata, da attaccante rossonero, ha promesso di "pressare tanto". Ma il Milan non può permettersi di giocare con 4 giocatori offensivi di cui due, Leao e Loftus Cheek, totalmente inadatti al pressing.

L'altro grande problema purtroppo non comporta una risoluzione immediata: lo scorso anno abbiamo visto tante partite (derby e Monza in trasferta ad esempio) in cui il portiere e i due centrali si passavano continuamente il pallone. Oggi la squadra partecipa in toto al possesso palla, ma i meccanismi non sono oliati: quando lo saranno, il far girare palla creerà prima o poi il varco nella difesa avversaria (come fa l'Inter di Inzaghi). In fase di rodaggio invece il gioco ristagna. E per evitare che il gioco ristagni, davanti si forzano le giocate. Con il risultato di perdere palla e di mettere a nudo le difficoltà nel pressing in fase di non possesso. 

La crisi del Milan di Fonseca: cosa manca del Milan di Pioli

E qui non possiamo che fare il confronto con Stefano Pioli, l'allenatore tanto discusso e oggi rimpianto da qualcuno. Perché il Milan di ieri, sostanzialmente con gli stessi difetti (Loftus Cheek e Leao sempre a disagio in fase di non possesso), vinceva più partite?

Semplice, fisicamente era più intenso. E partiva in campionato a ritmi pazzeschi. 
Quando il Milan attaccava sull'uno contro uno era letteralmente devastante e costringeva l'avversario a maggiori raddoppi di marcatura.  Tutto questo portava alla creazione di spazi. Oggi invece Leao e Theo Hernandez sono molto meno intensi e meno pericolosi negli uno contro uno (anche a Parma ne abbiamo persi in maniera rilevante). La maggior intensità del Milan di Pioli aveva però una grave controindicazione: i numerosi infortuni muscolari. 

Altra grande differenza sono le ripartenze: Pioli puntava su ripartenze verticali o sul famoso gioco "catapulta", basato sulla specialità di molti giocatori in rosa anche attualmente, cioè la progressione palla al piede per saltare le linee di passaggio in fase di riconquista palla. Oggi invece il Milan di Fonseca, ripresa la palla, inizia a tessere il proprio gioco, risultando meno efficace. 

La crisi del Milan di Fonseca: rimedi

La classifica del Milan è drammatica: un punto in due partite. E all'orizzonte c'è la difficilissima trasferta di Roma con la Lazio.

Il rimedio immediato è di facile applicazione: panchina per Loftus Cheek. Il Milan non può permettersi due giocatori totalmente inadatti alla fase di pressing. Lui e Leao sono assolutamente incompatibili.  Con Leao, Okafor e Pulisic, il quarto giocatore deve essere Alexis Saelemaekers, purché si sacrifichi in fase di pressing, di raddoppi di marcatura a sostegno di Calabria e non si metta pure lui a forzare dribbling e passaggi.  Fofana dovrebbe dare compattezza al centrocampo, Pavlovic ha avuto un impatto molto positivo: era lui il marcatore roccioso che il Milan attendeva dall'estate post scudetto.

In prospettiva invece serve una scelta importante sul mercato. Oltre alle cessioni di Adli, Origi e Ballo Tourè e l'acquisto del giovane mediano dell'Ajax Vos al Milan serve un'altra doppia operazione: la cessione di Bennacer o di Saelemaekers e l'acquisto di Kouadio Manu Koné, o di un giocatore intenso, portato al pressing. Un equilibratore, in sostanza. Come riserva, nel mazzo c'è la carta del giovane Zeroli. 

L'alternativa al mercato rimane proprio il recupero di Bennacer e  Saelemaekers. Schierare l'algerino come trequartista, mossa già sperimentata da Pioli, potrebbe essere un ulteriore  jolly da non sottovalutare per garantire pressing in fase di non possesso. Ma da solo non basta: serve anche una maggior verticalità in fase di transizione. 

E proprio in tema di "verticalizzazioni", alla base delle difficoltà del Milan c'è anche un problema che qualcuno definirebbe "filosofico" e che mina la competitività del "diavolo" specie nella competizione interna. 

Già nella gestione Elliott, con Maldini ai vertici dell'area tecnica e Pioli in panchina, il progetto si è sviluppato per fare del Milan una versione "low-cost" di una squadra di Premier League: intensa, spregiudicata, capace di occupare l'area con molti uomini. Costruita con giocatori forti fisicamente e dalle buone capacità tecniche. Ma in Italia questo tipo di gioco non paga. Perché in Italia conta sapersi difendere con il baricentro basso, con dieci uomini dietro la linea della palla e colpire in ripartenza arrivando in porta con 2-3 verticalizzazioni.  

Lo ha fatto la Juventus di Thiago Motta contro il Como, sbloccando la partita dopo un errore in uscita di Barba. Lo ha fatto la Roma contro il Milan di Pioli in Europa League. Lo fanno la Lazio di Baroni, L'Atalanta di Gasperini, l'Inter di Inzaghi e lo fanno le migliori squadre di Antonio Conte.

D'altro canto Torino e Parma sono due squadra molto diverse tra loro, basti guardare i due reparti d'attacco. Ma in comune hanno questa tipologia di gioco. 

Così, se il Milan dovesse riuscire a riprendere la rotta, allora, con qualche correttivo in rosa i rossoneri potrebbero proseguire sulla strada intrapresa. 

In caso contrario, sono due le strade da percorrere.

La prima è quella di investire pesantemente su un allenatore di livello top e acquistare 3-4 giocatori per alzare l'asticella.

Altrimenti bisogna prendere atto del fallimento del progetto: e ripartire da un allenatore che conosca bene il campionato italiano, esperto ad alti livelli, che dia solidità alla squadra, compattezza, che punti su un gioco meno propositivo e che sappia anche essere speculativo. E che ogni tanto scateni la rabbia a bordocampo, trasmettendo un po' di carica ai propri uomini (che non rimanga a braccia incrociate come Pioli e Fonseca).

Il nome fatelo voi: non è una provocazione.

Commenti

  1. Oddio..la rabbia scatenata da Conte a Verona l'abbiamo vista.. e la soluzione di allenatore di nome e 3/4 giocatori nuovi va bene per il prossimo anno. Questo Milan non é certo da buttare, va messo meglio in campo, poco ma sicuro..❤️🖤

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    1. Conte è stato furbo...ha fatto il piagnina e la domenica dopo 10 giocatori dietro la linea della palla. Il Bologna c'è cascato e tanti saluti...3-0.

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    2. Comunque Pavlovic sembra un mostro, lì in mezzo.. ;)

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    3. Sperando non sia un fuoco di paglia..

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