Il tifoso, l'arbitro e il calciatore: Pippo Franco e il 'Tridente' d'oro con Gigi Reder e Carotenuto
"Il tifoso, l'arbitro e il calciatore", film del 1982 diretto da Pier Francesco Pingitore, è diviso in due episodi con protagonisti Alvaro Vitali e Pippo Franco. Non memorabile il primo, che anticipa, nello stile, "Paulo Roberto Cotechino centravanti di sfondamento": una commedia boccaccesca a tema pallone, in questo caso con Vitali nei panni di Alvaro Presciutti, un arbitro "invischiato" in una storia di corna. Rispetto al celebre film dedicato all'attaccante brasiliano, Vitali si impegna maggiormente, evitando scoregge e battute sulla pupù: divertenti in particolare le scene sul rettangolo verde, con l'arbitro impegnato a tenere lontani, a testate, i calciatori impegnati in proteste. E qui si vede un certo impegno, nella gestualità, di Vitali, più a suo agio con la giacchetta nera che nei panni di calciatore. Ci sono anche divertenti scambi di battute con Marisa Merlini, la suocera (e anche una scazzottata!); peccato invece per la solita Carmen Russo, starlette sexy che ritengo sempre particolarmente carente nella recitazione. Finale triviale con protagonista Bobby Rhodes, caratterista e stuntman del cinema italiano.
Copione diverso, anche in senso metaforico, per il secondo episodio. Pippo Franco è Amedeo, un tifoso della Roma, figlio di un ultras titolare di un bar (Mario Carotenuto), che per ingraziarsi il proprio titolare e suocero, accanito supporter della Lazio (un superlativo Gigi Reder), è costretto a cambiare "sponda", finendo per dividersi tra le due curve il giorno del derby, indossando giacca e cappello double face (un lato bianco-celeste e uno giallo-rosso). Pippo Franco, spalleggiato egregiamente da Reder e Carotenuto, offre una prova molto convincente, che ha il suo climax nell'invettiva in discarica: "Li mortacci della Roma, li mortacci della Lazio, li mortacci del pallone". Il personaggio è perfettamente nelle corde del comico romano, ispirato e perfetto nella sua espressività (guardate la faccia quando il pappagallo del suocero lo chiama "stronzo"): il suo Amedeo è inguaiato, auto-ironico e con quel velo di rassegnazione di chi sa che non riuscirà mai a portare a termine il suo piano, ma ci prova comunque. La storia ha ispirato l'episodio di un altro film, "Fratelli d'Italia", e anche una celebre storia di Topolino degli anni '90, in cui Paperino è costretto dallo zio ad accompagnare due colleghi d'affari divisi dal tifo per due squadre che richiamano Milan e Inter, con citazione di Ruud Bullit (Ruud Gullit) e di Walter Tenga (Walter Zenga). Nota finale per Daniela Poggi: bellissima.
Sinceramente non tra i più memorabili di quelli pochi simili, comunque simpatico ;)
RispondiEliminaSìsì, decisamente un film con cui passare una serata spensierata!
Eliminail secondo episodio è un capolavoro, con delle battutissime passate alla storia!
RispondiEliminaLa mia preferita è "Ma ti immagini se me nasceva un fijo laziale? Mejo frocio!" o anche
"Sai come si chiamava il centravanti dello scudetto?"
"MUSSOLINI!"
*vola una tazzina*
"Amedeo Amedei! Per questo ho chiamato il mi fijolo Amedeo!"
"Meno male che nun se chiamava Tardello Tardelli!"
oppure (di Martufello, che fa una particina, ma indimenticabile):
"Nun serve mettere il lucchetto, tanto sa rrubbano uguale!"
"chi ha segnato? Di Bartolomei? Oh Agostì, mettete a fumà a pippa che te fanno presidente da'repubbrica!"
Oh, battute che funzionano bene anche per la bravura degli interpreti...Pippo Franco è fantastico con la sua mimica facciale!
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