Ritratti: Chiarugi, poeta ribelle e romantico di un calcio proletario che non c'è più (di C. D'Aleo)



Luciano Chiarugi non è stato un Fuoriclasse. Non lo è stato almeno in quella che potremmo definire oggi l’accezione “naturale” del termine. Luciano Chiarugi, detto “Cavallo pazzo”, è stato però un grande Campione. Uno di quelli  “veri”. Uno di quelli  che mai sarebbe potuto passare inosservato. Calciatori che entrano nel cuore dei tifosi senza mai più uscirne. Chiarugi nacque a Ponsacco il 13 gennaio del 1947. Alto 170 cm. pesava 67 kg. Ha giocato nel Milan, provenendo dalla Fiorentina, dal 1972 al 1976 segnando 37 reti in 104 partite. Col Milan ha vinto 1 Coppa Italia nel 1972-1973 e una Coppa delle Coppe sempre in quegli anni. In Nazionale vanta 3 presenze e nessun gol.




Chiarugi non era attaccante da “salotti” buoni. Era l’attaccante del “popolo”, di tutta quella gente che dopo giorni interi trascorsi a sgobbare senza soste  vedeva nel calcio e nei suoi Campioni la valvola giusta per “staccare” la spina e riscattarsi dalle tante vicissitudini quotidiane. La sua “forza” stava nelle “origini”. Ed è una forza che Chiarugi è andato formandosi nel tempo per il tramite della sua capigliatura “riccia” e irrequieta, e del suo carattere un “tantino” sopra le righe. In campo o lo “vedevi” o “spariva”. Prendere o lasciare.  Quei suoi “dribbling” decisivi e ubriacanti con i quali metteva a sedere chiunque, anche difensori più arcigni hanno fatto Scuola.  A quei tempi i difensori avversari ti seguivano ovunque. Anche a casa se occorreva. Chiarugi ha avuto il pregio d’aver giocato accanto al più grande Fuoriclasse che la Storia del Milan abbia mai “partorito”. Quel Gianni Rivera che ha scritto pagine indelebili di calcio nostrano e internazionale. Il Pallone racconta che Rivera stravedesse per Chiarugi e che vedesse nell’irrequietezza di quell’ala tutta “pepe” e “bollicine” un po’ “genialoide” un po’ “pazzoide” il naturale “condimento” del  suo “estro” e del suo “genio” calcistico. Rivera amava lanciarlo in “profondità”. Era quello il “cibo” preferito da Chiarugi. Sapeva già, il grande Gianni, prima ancora di “servirgli” il pallone, cosa Chiarugi ne avrebbe fatto. La soluzione più “normale” sarebbe stata il “cross” o la triangolazione col compagno meglio posizionato in fase d’attacco. Lunghe “cavalcate” palla al piede a seminar scompiglio tra le maglie delle difese avversarie. La più normale, appunto. Ma con Chiarugi la normalità era un “optional”. Lui prendeva la palla puntava il suo avversario e tentava di dribblarlo. 8 volte su 10 ci riusciva. Se non ci riusciva apriti cielo. Si incaponiva talmente tanto nel dribbling che finiva col perdere la palla. A quel punto né Rivera, né tantomeno Benetti o Bigon se ne stavano zitti e gliene “cantavano” di cotte e di crude. Idem il mitico Paron.



Era un calcio d’altri tempi. Un calcio pane, mortadella e sentimenti. Sempre il Pallone racconta che Nereo Rocco quando vide Chiarugi a Milanello non ne rimase per nulla impressionato. Il “nostro” non era né alto né possente. Davanti a Rocco sembrava ancora più piccolo del suoi 170 centimetri. Chiarugi era stato appena preso dalla Fiorentina dove aveva fatto benissimo. Rocco, buon padre di famiglia come pochi, gli chiese: “ scusa, sei tutto qui!” E Chiarugi, intimidito, gli rispose: “sì, Mister, sono tutto qui”. Rocco “prese” da Chiarugi tutto il bene che  fu in grado di prendere e lo trasformò in energia positiva per la squadra. Chiarugi “matto” per come lo definivano, era però un gran bel giocatore. Divertentissimo come pochi, irriverente nei confronti degli avversari come pochi, leale, onesto e cocciuto come pochi. La palla era il suo divertimento preferito.  Dovevi buttarlo a terra per prendergliela. Proprio per questo Chiarugi fu spesso definito “cascatore” dai grandi analisti del tempo. Primo fra tutti il magnifico Gianni Brera che paragonava il “rotolar per le terre” di Chiarugi ai “lazzi tipici del morituro”.  L’acquisto di Chiarugi a quei tempi fece scalpore. Era corteggiato da tante squadre tutte o quasi tutte di primissima fascia. Lo prese il Milan.  


 Era il Milan che tutti amiamo ricordare. Magliette rossonere a strisce fini e senza sponsor, “mutandoni” bianchi ei calzettoni neri bordati di rosso. Era la squadra di Tato Sabadini e Roberto Rosato, di Romeo Benetti e Albertino Bigon, di Gianni  Rivera e di Fabio Cudicini. Un gran bel Milan pure quello ma durò poco. Chiarugi vide ben presto quel Milan “smaterializzarsi”. Andarono via, tra gli altri, Sormani, Hamrin, Prati. In pratica stava finendo un ciclo.  Luciano non fu certo fortunatissimo ma cercò di rimboccarsi le maniche e lavorare.  Quando Chiarugi era in forma divertiva le platee. Era davvero un godimento vederlo giocare. Era pervaso dalla giusta e per lui necessaria “alchimia” tra talento e “sregolatezza”,  tra “genio” e “tormento interiore”. Miscelando il tutto con cura ne veniva fuori la fantasia irrequieta di “Cavallo pazzo”, poeta incompreso e ribelle di un calcio irripetibile.  In lui tutto diventava “anormale” ma, proprio per questo, indimenticabile. Precursore di Bruno Conti e Roberto Donadoni (con i dovuti, necessari distinguo) rispetto ai quali vedeva meglio la porta, era veloce e imprendibile, dribblomane come pochi e dotato di un tiro forte e preciso. Testardo come un mulo, coniò a sua insaputa quel “gesto” calcistico che tutti quanti oggi chiamiamo “superiorità numerica”. Lui saltava regolarmente il suo avversario e serviva subito l’”imput” per il contropiede nelle altrui aree di rigore. Capitalizzava al massimo i rifornimenti di Rivera e le “coperture” dei compagni.



Alle sue spalle tutto tranquillo. Ci pensava Tato Sabadini a dargli la giusta copertura sulle fasce. A centrocampo faceva tutto Romeo Benetti. Il grande Romeo “cantava” e “portava” la croce. Era una “montagna” dai piedi buoni e dai lanci sopraffini che non lasciava “passare” nessuno. Benetti pareva costruito sul marmo. Quasi mai lo abbiamo visto cadere a terra a seguito di un contrasto di gioco. Fisico e sguardo da gladiatore ma cuore grande quanto una casa. Era il mediano che tutti quanti anche adesso vorremmo e che a noi milanisti, in particolare, manca moltissimo. Con Zignoli e Biasiolo guidava il centrocampo di quel fantastico Milan illuminato dall’eleganza e dalla creatività di Gianni Rivera. Chiarugi non è stato una meteora. Tutt’altro.  Il “riccioluto” ha lasciato segni profondi, evidenti e tangibili nel firmamento del calcio nazionale e internazionale. Ha giocato un ventennio da professionista realizzando gol bellissimi e memorabili. Uno di quelli lo realizzò su punizione a Salonicco, nella finale di Coppa delle Coppe vinta dal Milan per 1-0 contro il Leeds United grazie a una magistrale conclusione al limite dell’area. Era il 16 maggio del 1973. Tiro di Chiarugi e gol. Fantastico.  Da allora Chiarugi entrò nel cuore della gente e vi rimase imperterrito e senza soste. Poeta ribelle ma triste e romantico, alfiere indomito di valori e sentimenti mai sopiti, Chiarugi fu un vero “cantautore”  di se stesso. Il “Rino Gaetano” d’un calcio povero ma bello, sano e genuino  di cui ancora oggi sentiamo la mancanza. Contenuti indimenticabili che nessun’altra epopea calcistica ci ha saputo in seguito donare.

Claudio D’Aleo

Commenti

  1. Chiarugi era un buon giocatore. Niente di eccezionale.
    La Juve perdeva con il Torino e Trapattoni chiese due acquisti, Benetti e Boninsegna e cominciò a vincere con il Torino e anche scudetti. Boninsegna era la tigre di marmo e Benetti, cuore buono dici tu, ma meglio evitare contrasti per non correre il rischio di rompersi una gamba. Qualche fallo da codice penale (Liguori ).

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    1. Si, condivido quello che dici; tuttavia oggi al Milan un Chiarugi sulla sinistra servirebbe eccome :D e sarebbe un top player della nostra squadra.

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  2. Un bel post di vero calcio, non quello attuale fatto solo di milioni.
    Sereno giorno.

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    1. Grazie Cav :), buona giornata anche a te

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  3. Ciao! Forse non te l'ho detto, ma anche se, come avrai capito, non mi intendo di calcio quasi per niente, sono simpatizzante del Milan fin da bambina… mi ha fatto piacere leggere questa storia sul calcio di una volta. Buona giornata!

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    1. Evviva! Non sapevo che avessi una simpatia per i colori rossoneri :)

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  4. E no, purtroppo non ricordo nemmeno questo campione, ma sono certa che qualcuno che mi sta molto a cuore lo abbia amato... ;)

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    1. Verissimo, Chiarugi poi era uno di quei giocatori tutto talento che era impossibile non amare...

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  5. Hai parlato di un grande attaccante del Milan del passato proprio oggi che ha firmato Piatek :) Chiarugi ovviamente lo conosco solo di fama, servirebbe un giocatore così oggi ai rossoneri!

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    1. Infatti noi tifosi vorremmo a sinistra, in attacco, un giocatore che salti l'uomo e punti alla porta...spero in una sorpresa al 31 gennaio :D

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  6. Ricordo meglio il suo nomignolo che la sua faccia e le sue gesta.
    Sicuramente se ne è parlato in casa :)

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    1. La coppa Uefa vinta dal Milan di Chiarugi è una vittoria storica, Franco (sembra che gli faccio fare figura da anziano) lo può confermare :P

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  7. Quella Coppa mi è rimasta nel cuore... da "anziano" confermo.. la vinse Chiarugi assieme ai miracoli di William Vecchi.. subito dopo la fatal Verona col 5 a 3... un saliscendi di emozioni da mettere a dura prova chiunque... ma che ne sapete voi.. ahahah

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    1. Siii..ti ho citato apposta..Ma sai a cosa pensavo..col senno di poi meglio quella coppa in più e lo scudetto in meno.. piuttosto che il viceversa.. anche se le due stelle prima o poi le voglio vedere .

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  8. Il Milan di quando ero bocia!! :-) Che ricordi.

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    1. Mi fa piacere che l'amico Claudio, con questo pezzo, abbia suscitato bellissimi ricordi :)

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