Ritratti: la parabola romanzesca di Omar Sivori, il “pistolero” anni ‘60 (di C.D'Aleo)


Omar Sivori è stato uno di quei pochi fuoriclasse dei quei sarebbe impossibile non parlare.

Nato a San Nicolas de Los Arroyos il 2 ottobre del 1935 era alto 163 cm pesava 59 kg. Dopo una breve ma eccellente  parentesi come opinionista TV a seguito del suo ritiro dal calcio giocato, Omar si ammalò di tumore e morì il 17 febbraio 2005 a San Nicolas de Los Arroyos.  Ha giocato nella Juventus dal 1957 al 1965 segnando 135 reti in 215 presenze. Con la Juventus ha vinto 3 Scudetti (1957-58; 1959-60 e 1960-61), 3 Coppe Italia ( 1958-59; 1959-60 e 1964-65), 1 Coppa delle Alpi (1963), un Pallone d’oro nel 1961 e un Titolo di Capocannoniere italiano con 28 reti nel 1959-60.

“Genio” e “sregolatezza” di quella magica Juventus che già annoverava tra le sue fila campioni come John Charles, Sivori fu precursore di quei calciatori “ribelli” e “ingovernabili” che hanno fatto Scuola  e tendenza  anche nel nostro Calcio. “Cattivo” e “irriverente”, talvolta “smargiasso” e “provocatore”,  leale sempre. Sivori balzò subito agli onori della cronaca non solo perchè riusciva a deliziare le platee di mezzo mondo col suo “personalissimo” modo di giocare al pallone ma anche per il “timbro”, assolutamente unico e poco “clonabile”, che dava partita dopo partita al suo  ruolo. Il ruolo che madre natura gli aveva “scolpito” “dentro” da testa a piedi. Cioè trequartista offensivo a tutto campo.

Charles e Sivori

Stagione 1957-58. Quella sua “prima” Juventus fece “furore”.  Mattrel, Corradi, Garzena; Emoli, Ferrario, Colombo; Nicole, Boniperti, Charles, Sivori, Stacchini. La Juventus stracciò tutti in quel campionato a 18 squadre, anche la Fiorentina (a otto punti) e il Padova di Rocco (a nove). Sivori  fu “10” di nome e di fatto. Soprattutto lo fu nella “mente”. Era un calcio più metodico, compassato e meno veloce di quelli che gli anni a venire ci avrebbero da lì a poco “snocciolato” e proposto. Si correva meno ma si trattava meglio e forse di più la palla. C’era più attaccamento alla maglia. Era un  calcio che divertiva, un calcio senza “sponsor”. Il “rettangolo verde” era come la strada: più ti “azzuffavi” con i tuoi avversari, più ti “formavi”. I “dribbling”  di Sivori ti lasciavano “secco” e sul posto. Più” guardavi” la palla  coltivando la speranza di togliergliela, più lui te la nascondeva. “Era “litigioso”. Mai s’è lasciato “passare” una mosca davanti al naso. Sangue e arena, zucchero e cicuta, era Sivori. Il suo “veleno” era il suo sangue indio, nei momenti di rabbia un cieco furore veniva fuori con irruenza”. Non solo Fuoriclasse. Era un ribelle “prestato” al calcio. Ti dribblava una volta e poi, mai sazio, ti dribblava un’altra volta ancora e poi di nuovo un’altra  fino a quando, sconvolto, non ti chiedevi chi mai t’avesse portato sulla tua strada quel “provocatore” imprendibile, geniale e fortissimo. Amante dei “tunnel” ridicolizzava spesso i suoi marcatori facendogli passare la palla tra le gambe. Sivori fu tanto amato quanto “odiato” non solo dai tifosi delle altre squadre ma soprattutto dai suoi tifosi.


Con Nestor Combin e Antonio Valentin Angelillo diede “corpo e sostanza” al magnifico e mai dimenticato “trio” degli “Angeli dalla faccia sporca”. Compagni di squadra in Argentina ma in Italia fuoriclasse “parcellizzati” in squadre diverse. Sivori nella Juventus, Combin nel Milan, Angelillo nell’Inter. Stessa classe, stesso carattere “piccante”, stesso modo di intendere il calcio e la vita. Regole zero. “Pulsioni” tante. Averli tutti e tre nella stessa squadra sarebbe stato impossibile. Una sorta di “suicidio” tattico o quasi. Una “patata bollentissima” per qualunque Allenatore. Sarebbero volate “dimissioni” in massa come in un’epidemia. Quei tre erano davvero “ingestibili” e definirli così sarebbe ancora dire poco.  Palla  al piede Sivori non aveva rivali. Imbattibile nel dribbling ti scartava tutte le volte che voleva fino a farti sedere a terra. Il suo sinistro era un dono di Dio. Ti serviva il compagno che sceglieva come se gli avversari non esistessero salvo poi a concludere egli stesso a rete quando il suo “estro” glielo imponeva. Aveva una visione di gioco fantastica ma se ne accorse “colpevolmente” in ritardo. Troppo egoista per “lanciare” egli stesso qualcuno a rete. Viveva per calciare in porta. Se poi non facevi gol o non gli davi la palla come lui voleva e pretendeva erano “guai” molto seri. Ti inseguiva fin dentro gli spogliatoi per dirti tutto quello che lui avrebbe voluto dirti anche in campo. Fronteggiare uno “Tsunami” del genere sarebbe stato impossibile per chiunque.  “Feroce”  “dentro” non era fisicamente imponente. Tutt’altro. Ma se lo guardavi in faccia la prima cosa a cui pensavi era quella di andartene subito da qualche altra parte. Che tu fossi un suo compagno di squadra o no era del tutto irrilevante. Non esisteva “pietà”. La palla te la faceva girare dappertutto senza mai perderla. Dovevi passargliela come lui voleva. Per togliergliela dovevi fargli fallo. Ininfluente che tu fossi difensore o portiere. Ti dribblava e entrava in porta con tutto il pallone. Giocatori come Sivori non ne nasceranno mai più. Vederlo giocare era gioia per gli occhi. Calzettoni bassi, maglietta talvolta fuori dai calzoncini, sempre o quasi sempre “spettinato”, litigioso e polemico senza eguali ma sempre “dignitoso”. Un  “pistolero” di nome e di fatto.

Sivori al Napoli


Sivori opinionista televisivo a fine anni '80

Si muoveva in campo come un “cacciatore di taglie” nel Far West. Disse addio alla Juventus nel 1965. Andò via a causa delle forti incomprensioni con Heriberto Herrera. Quando venne  Herrera Sivori non era più il calciatore dei primi tempi bianconeri. Si allenava poco e male e non le mandava a dire a nessuno. Heriberto era stato chiamato per ridare ordine e disciplina alla Juve. I due non potevano coesistere. E così Napoli conobbe Sivori. Con i partenopei Sivori giocò dal 1965 al 1968 segnando 12 reti in 63 presenze. Fu quello l’addio al calcio di un Fuoriclasse più unico che raro. Sivori non fu né Pelè, né Maradona, né Falcao, né Zico, né Platini, né Rivera, né Schiaffino. Fu semplicemente Omar Sivori. Uno di quei fuoriclasse “speciali” che non dimenticheremo mai.

Claudio D’Aleo

Commenti

  1. Sivori è il giocatore più amato dai tifosi della Goeba.
    Ricordo che a volte dopo aver fatto fuori tutta la difesa avversaria
    si fermava con il pallone sulla linea di porta aspettando il portiere per
    poterlo dribblare un'altra volta.

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    1. Ecco da chi aveva preso ispirazione quello che era il presidente della squadra di calcio del mio paese, anch'egli aveva questo "vizietto" :D

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  2. E niente. Anche stavolta non conoscevo questo campione, ma onore a lui e bravo a Claudio che ha saputo rendergli omaggio così bene.

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    1. Grazie Claudia :), comunque di "nome" Sivori era molto famoso. Va bene via, ti abbiamo fatto conoscere un altro big :)

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  3. Ciao! Non avevo mai sentito parlare di questo calciatore! Un altro illustre rappresentante di un calcio vecchia maniera, molto meno vip e più autentico :-)

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    1. Ciao Silvia! Eh, ai suoi tempi è stato uno dei "boss". Io lo ricordo, da bambino e da ragazzo, quando faceva il commentatore televisivo.

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    1. ahahah, mi sa che "core n'grat" sta per fare un altro flop :D

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  5. Si può dire che Dybala è una specie di Sivori, con molto meno carattere :D Comunque lo ricordo opinionista in tv, coi capelli ormai bianchi e gli occhialoni.. era un piacere anche sentirlo parlare di calcio!

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    1. sì, come ruolo sì...come carattere non proprio :D

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  6. Si può essere fuoriclasse in tanti modi, non sempre convenzionali.

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    1. Vero, anche se quello di Sivori era veramente un altro calcio!

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  7. Mi sarebbe piaciuto vederlo giocare, ma so chi era e cos'era, cos'è tuttora per la mia Juve, una stella di prima grandezza ;)

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    1. Un grandissimo fuoriclasse.
      Lo è stato però anche da commentatore!

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  8. Uno di quei giocatori che conosco solo di fama purtroppo, però mio padre me ne parlava sempre.

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    1. Io lo conosco bene..come opinionista :D.
      Lo apprezzai molto per le severe ma giuste critiche all'Italia del 2002 (quella che fu defraudata da Byron Moreno. Ma le responsabilità del Trap sono rimaste comunque!).

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