Ritratti: Nereo Rocco. Un mister, un padre di famiglia (di Claudio d'Aleo)

Foto Il Giorno

Raccontare Nereo Rocco, non è facile. Non lo sarebbe per nessuno. Ci tentiamo. Bisognerebbe intanto che ci alzassimo tutti quanti in piedi in religioso silenzio per applaudire colui che è stato per tutti un grande Maestro di vita prima ancora che un grande allenatore. L’argomentare “nudo e crudo” con sguardo sul personaggio lo mettiamo subito dopo. Rocco va studiato. E’ la “memoria storica” del Milan. Vive tra di noi. La sua “ombra” aleggia imperiosa e indimenticabile su Milanello, San Siro e su tutti i campi di calcio nazionali e internazionali dove il suo Milan ha vinto, ha ben giocato e ha fatto scuola.

Rocco nacque a Trieste il 20 maggio 1912 e morì sempre a Trieste il 20 febbraio 1979. Ha allenato il Milan dal 1961 al 1963 e dal 1967 al 1974. E’ stato Direttore Tecnico dei rossoneri dal 1975 al 1977.  Col Milan ha vinto due Scudetti (1961-1962; 1967-1968), 3 Coppe Italia (1971-1972; 1972-1973; 1976-1977), 2 Coppe dei Campioni (1962-1963; 1968-1969), 1 Coppa Intercontinentale (1969), 2 Coppe delle Coppe (1967-1968; 1972-1973).  Gli insegnamenti del “Paron” non finiranno mai di arricchirci. Rocco avremmo dovuto conoscerlo tutti quanti. Oggi saremmo migliori. Più temprati. Lui ci ha insegnato che il calcio è cultura, cioè vita,  oltre che sport. Ci ha insegnato che un calciatore va trattato come un “figlio” prima ancora che come “parte” integrante di una squadra. Ci ha insegnato che dietro ad un gol fatto o sbagliato c’è la gioia o il dramma di un uomo che è e rimane uomo anche in partita con tutti i suoi problemi, le sue ansietà, le sue piccole o grandi difficoltà esistenziali più o meno manifeste. Quel “dogma”, il  suo ”dogma”, il “catenaccio” che sfocia nel “contropiede”, non è mai “tramontato”. E’ presente oggi come allora nelle nozioni basilari di ogni fervente “credo” pedatorio che si rispetti. Materia di crescita e di studio in ogni Scuola di calcio che intenda davvero insegnare sport. Quel “pensiero”, il “suo” calcio tutto metodo e concretezza, non passerà mai di moda.

Rocco con la Coppa dei Campioni

Il “prima non prenderle” non è solo una bella frase ad effetto scritta per caso su di un vetro appannato. E’ attuale anche adesso. E’un affresco “illuminante” di una teoria calcistica mai passata di moda basata sul sacrificio, sul rispetto, sul sudore che inzuppa le magliette, sull’amore per il lavoro che si è intrapreso, sull’alchimia che allora si scatenava in campo quando il Fuoriclasse accendeva la luce con la maestria delle sue giocate e il Gregario che lo sosteneva ed esentava da  ogni compito di marcatura portava “l’acqua” per lui nell’interesse della squadra. Rivera  e Lodetti  hanno fatto mirabilie  e non solo per questo.  Furono  due “caposaldi” del credo calcistico “rocchiano”. Due uomini basilari di quel particolare “contesto” storico. Quell’omone burbero e pacioso, buono dalla testa ai piedi ma amorevolmente ruvido se qualcuno dei suoi “sgarrava”, era riuscito a fare breccia nel cuore di ogni suo calciatore. Rivera era come un suo figlio. Gianni con lui divenne poco per volta Fuoriclasse. Prati fu il suo “Pierino la peste”. Colui che traduceva in gol il pensiero “rocco-riveriano”. Cudicini (il famoso “Ragno nero” n.d.r.) Sormani, Sogliano, Zignoli, Anquilletti, Rosato e così via  tutti gli altri erano i suoi fieri e fedeli “scudieri”. Nacque così, da questa alchimia perfetta basata sull’umiltà e il rispetto tra tutti, la miscela esplosiva che portò il grande Milan di Rocco ai vertici del calcio nazionale e internazionale.

Rocco con Cesare Maldini (dal Guerin Sportivo)

Rocco, il celeberrimo “Paron”, è da molti considerato il padre putativo del Vecchio Milan anni 60/70. Era il Mister che tra un bicchiere di vino e un “tocco” di pane e mortadella ti leggeva qualunque partita, ti conduceva per mano alla vittoria e ti prendeva  amorevolmente a “calci” nel sedere se malauguratamente ti “addormentavi” mentre giocavi. Triestina, Padova, Milan, furono le “sue” squadre. Il Milan fu anche il suo amore. Vinse scudetti, coppe, medaglie e godeva di grande popolarità. Parlava in dialetto, un italo-triestino pieno di battute, sarcasmo, ironia e saggezza. Non è stato un contadino, non ha mai avuto le scarpe grosse e il cervello fino. Aveva saggezza da vendere. Hanno scritto di lui: "Inveiva, brontolava, era uomo del popolo ma anche psicologo, furbo ma sincero. Giusto e umano. Sapeva insultare con eleganza, non lacerava mai". Prendiamo Helenio Herrera, suo storico dirimpettaio con vista su San Siro. Erano più che rivali nei derby. Helenio faceva lo spaccone e lo provocava. Nereo lo chiamava ” quel mona de mago”. Soprattutto — dirà di Herrera— "dà lavoro a quei mona di giornalisti". Rocco aveva un debole per Rivera. "El Gianni xe i me oci" amava dire il Paron. C’è tutto in questa definizione. “El Gianni” doveva solo giocare dove voleva o sapeva e seguire il suo innato genio calcistico. Rivera ha sempre detto del suo Maestro: "Rocco manca a tutti quelli che lo hanno conosciuto". Come dire: Rocco non è mai scomparso nel ricordo di chi lo ha amato e apprezzato. Gli hanno dato del catenacciaro, anche nel Milan. "Ma per favore - diceva Rivera - davanti eravamo io, Hamrin, Sormani e Prati e prima ancora Mora, Altafini e Barison. Era impossibile ricondurre quel gioco al catenaccio soltanto. Noi giocavamo al calcio e giocavamo bene". Nello spogliatoio nessuno osava contraddire Rocco. Tutti ascoltavano in silenzio la lezione di tattica del loro Maestro.. Rocco pensava. Rivera traduceva in campo quel pensiero. Le interviste di Rocco erano esilaranti e forse qualcosa in più. Tra il serio e il faceto dovevi sforzarti per carpire il senso esatto delle sue dichiarazioni. Una volta tolto il “velo” rimanevi estasiato prima dalla sua umanità poi dalla sua enorme cultura sportiva. Rocco divertiva. Lasciava di stucco con le sue battute.  Era un libro aperto.

L’ABC del calcio a Milano è nato con lui. Non solo calcio, non solo tattica, non solo metodo. Il calcio di Rocco era pregnante di valori, di sentimenti, di simpatia. I derby con Helenio Herrera divennero importanti come “editti”. Non solo Milan contro Inter e viceversa. Soprattutto Rocco contro Herrera e viceversa. Dove il “contro” va inteso in senso sportivo. I due, in fondo, seppur caratterialmente forti e dotati di una personalità devastante, si rispettarono sempre. Erano entrambi bravissimi. Uomini veri. Herrera legò il suo nome alla grande Inter. Rocco portò in Italia la prima Coppa dei Campioni col suo Milan. Il “Paron” fu un mare mai in burrasca di conoscenze e voglia di vivere applicate al calcio. Ogni suo calciatore stravedeva per lui. Il Pallone racconta che ad ogni campagna acquisti il Paron soffrisse da matti. Amava tanto i suoi “figli” che se solo gliene cedevi uno ad altra squadra lui ti faceva un “casino”. Detestava separarsi dai suoi giocatori. Rispettava tutti allo stesso modo, dai più bravi ai meno bravi ma pretendeva da ognuno di loro eguale rispetto e tanto lavoro.

Nereo Rocco in una caricatura di Achille Superbi (Dal Guerin Sportivo)

Evidenziando le diversità calcistiche che pure ci sono tra Rocco e i suoi più recenti successori sulla panchina del Milan, cioè Sacchi, Capello e Ancelotti crediamo di dire l’ineluttabile e il vero se affermiamo che le differenze “sostanziali” tra gli ultimi tre e il loro grande precursore siano tatticamente davvero poche. Rocco “era” catenaccio e contropiede. “Era” squadra intesa come famiglia prima ancora che come gruppo. “Era” sacrificio e ironia,  simpatia e “caratteraccio”, gioia di sudare e di sacrificarsi per quei colori e quelle casacche rossonere a strisce lunghe e sottili. Sacchi, Ancelotti e Capello tinsero di novità quel calcio tutto impeto e creatività ma non ne cancellarono mai la “sostanza”. Per tutti contava il “primo non prenderle” . Per tutti lo Spogliatoio è stato una famiglia. Paron docet.  Come Rocco  anche Sacchi, Capello e Ancelotti costruirono le loro vittorie partendo da una difesa granitica. Che poi si muovessero e difendessero in “blocchi” o sacrificando un “mastino” nella marcatura del fuoriclasse avversario, la sostanza non cambia. Rimane’ il “primo non prenderle” il motore di ogni vittoria.  Oggi come allora. Nel ricordo del grande Paron.

Claudio D’Aleo

Commenti

  1. Le molte brutte figure della nazionale verrebbero subito evitate se i consoli osassero vestire il Padova di azzurro. Ma per ora il catenaccio è il diavolo e nessuno capisce o vuol capire.Sull'inclita panchina della Juve, Nereo risparmierebbe alla nazionale 10 anni di umiliazioni cocenti. Niente. Il presidente del Padova teme il linciaggio se molla Rocco ai suoi stessi padroni (vende Fiat). Così Nereo deve attendere di approdare al Milan, dove comanda Viani: ed è un gran brutto vivere. Nereo non conosce astuzie dialettiche. È un tonto triestin e quindi non riesce a mentire. "Per mi, 'l calcio xe questo e che no me conti bale!". Vorrebbe andarsene. Guai! Rimane e porta il Milan allo scudetto. C'è anche Rivera piccolo, el bambin d'oro (che per il momento, poco correndo e pensando sul gioco, non molto gli piace). La lotta al WM è già vinta dall'anno del torneo olimpico di Roma. Lui dalla panchina torna sudato più dei giocatori: e con loro si spoglia e prende la doccia sentendone tutti i discorsi, dei quali si serve per governare il timone. Ai presidenti non bacia né vellica niente.

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    1. Ecco, esatto il famoso WM, il sistema che citavi più sotto, con i due terzini e il centrale difensivo.
      Bello: non sapevo che ci fosse la possibilità della Juventus per Rocco.

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  2. Cambia città (e si pente): scopre nuovi Itallienern, magari contagiati di vezzi franciosi: così rimpiange i lombardi e torna fra loro per vincere un altro campionato, un'altra Coppa Campioni. Rivera si è fatto uomo e un po' ne viene plagiato. Rivera sta a Nereo come la callida volpe al toro manso. Ma bello è poterlo sentire figlio, alzare la voce a proteggerlo, lui toro, estroverso e torvo solo per gioco, l'altro tutto introverso, compito, abatin. "Xe Rivera la nostra Stalingrado", si lagna Nereo.

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    1. ahhaha buffo l'accostamento di Brera: Rivera volpe astuta e Rocco toro. Nereo lo vedo più come un orsone :D

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  3. Logicamente è Gianni Brera, il mentore del catenaccio.
    Rocco aveva inventato una nuova forma di difesa, con due terzini, lo stopper e il libero,
    mentre prima si giocava con due terzini e il centrale difensivo.
    Praticamente la difesa del Padova era impenetrabile.

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    1. Sinceramente non ricordo di chi fosse la paternità del libero.
      Però sì, Rocco è stato impeccabile nell'applicazione di questo schema difensivo

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  4. Ecco, il calcio raccontato attraverso questa figura mi piace, mi tocca nel profondo. Quando scrivi: " Ci ha insegnato che dietro ad un gol fatto o sbagliato c’è la gioia o il dramma di un uomo che è e rimane uomo anche in partita con tutti i suoi problemi, le sue ansietà, le sue piccole o grandi difficoltà esistenziali più o meno manifeste", riesco a vedere il calciatore nella sua sostanza; che oggi, diciamolo, la figura del calciatore, specie per chi non è appassionato, si perde dietro tanti pregiudizi di superficialità e di attaccamento al successo ed ai soldi.
    "Inveiva, brontolava, era uomo del popolo ma anche psicologo, furbo ma sincero. Giusto e umano. Sapeva insultare con eleganza, non lacerava mai": il mio uomo ideale, inteso sopratutto come essere umano, come persona.
    Se poi ha lasciato anche la sua ereditarietà alla squadra che citi, ora comprendo perché, da incompetente, mi è sempre giunta voce che il Milan viaggi su grandi e possenti ali spiegate.
    Ma tu sei del Milan?

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    1. In realtà la rubrica Ritratti è curata dall'amico Claudio d'Aleo; ma sì, siamo entrambi rossoneri :P.
      Quel passaggio che evidenzi nella prima parte del tuo commento è piaciuto molto anche a me. E' vero: i calciatori sono viziati, fanno spesso vite al limite, però ci sono anche tanti calciatori che sono bravissime persone e professionisti, per i quali i momenti di difficoltà sul campo diventano dei pesi difficile da sopportare.
      E ci sono anche storie tragiche! Purtroppo.

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    2. Anche a me sono piaciute tanto quelle parole...un uomo di grande umanità, ma soprattutto parole che dovrebbero ricordarsi anche tutti i tifosi quando sparano a 0 colpendo le famgilie e la persona che vi è dietro al giocatore!

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    3. Esatto...perché spesso i tifosi fanno cose gravi senza accorgersene...per non parlare degli insulti social...

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  5. E' proprio di uomini così che ha bisogno il calcio.
    Eppure io vedo solo tantissimi "pagliacci" strapagati, presuntuosi, litigiosi e.... Basta. Meglio fermarmi qui.

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    1. Nereo Rocco era un grande, fortunatamente anche oggi abbiamo però dei personaggi positivi :), non solo i personaggi che citi tu :P

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    2. Tipo? Domanda da un milione di euro. Vediamo se ti sbottoni.... :P

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    3. Gattuso è un bel personaggio, non a caso è considerato l'erede di Nereo Rocco.
      Ranieri, neo allenatore della Roma, anche se "avanti" con gli anni.
      Guardiola, il filosofo del calcio e allenatore del Manchester City.

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    4. Gattuso mi piace un sacco, e sai bene perché, ma non credo che possa essere un allenatore destinato a fare storia. Il suo temperamento irascibile gli porta e gli porterà spesso cadute di stile che, secondo me, un campione dovrebbe evitare.
      Gli altri due li conosco poco, quindi ti do il beneficio del dubbio. ;)

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    5. sii invece Gattuso non è più caduto in quei comportamenti (Stile confronto con Poulsen e con Joe Jordan) e davanti ha molto tempo come allenatore. Vedremo :)

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  6. Mi ha affascinato molto questo ritratto. Scritto davvero bene, anche per chi non conosce il personaggio e riesce ad entrarvi comunque in sintonia.
    Paterno, nel senso buono del termine. Un padre che insegna, istruisce, guida.

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    1. Grazie :) giro i complimenti a Claudio.
      Paterno è aggettivo perfetto per descrivere Nereo Rocco!

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  7. Riky, nel Padova giocava Blason stopper e Scagnellato libero.
    Poi tutte le squadre adottarono questa coppia di centrali.
    Sacchi inventò la zona e sparirono il libero e lo stopper, sulla carta, ma
    nella realtà, vedi Juve, lo stopper e Chiellini e il libero Bonucci + due terzini.

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    1. Che poi anche Sacchi in certe partite usò una marcata distinzione tra libero e stopper, ricordo un Pescara Milan 4-5 dove Baresi andò a marcare uno scatenato Borgonovo e Costacurta più indietro a fare da libero..questo dopo che il Pescara si trovava in vantaggio 4-2.

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  8. Che tipo, questo Nereo Rocco.
    Di nome, di fama, sentito nominare. Ma mai visto.
    Un tizio da hard boiled all'italiana. Immaginavo fosse focoso ma paterno, si vede dalla faccia.
    Interessante la sua sfida derbistica, e devo dire che comunque le sue cose, col Milan, le ha vinte! OO

    Moz-

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    1. Curiosa la definizione "tizio da Hard Boiled" all'italiana :D
      A me sembra uno di quei personaggi della vecchia commedia all'italiana :D.
      Sì, pensa che con lui in panchina abbiamo vinto la prima Coppa dei Campioni!

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    2. Eheh, mi ricorda un po' quei detectives acciaccaticci :)

      Moz-

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    3. Colpa forse del berretto! :D

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  9. Prima che allenatore, era un buon padre per tanti calciatori. Storie come queste , vanno sempre raccontate, soprattutto ai più giovani.
    Saluti a presto.

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    1. Mi piace molto rimarcare l'aspetto paterno di questo allenatore..un grande.

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  10. Come al solito, bravissimo Claudio. Un ritratto "umano" di Rocco che gli fa molto onore. Pure io, che sono una "cuginetta" lo stimo profondamente. E hai ragione, quando dici che ormai, gli allenatori così sono pochissimi. Ma ci sono. Mi viene in mente De Zerbi. Sta facendo molto bene nel Sassuolo. Non avrebbe potuto salvare il Benevento quando lo rilevò dopo l'esonero di Baroni, ma se ci fosse stato fin dall'inizio, non ho dubbi che la squadra della mia città non sarebbe tornata così precipitosamente in serie B. Uno dei giovani allenatori da tenere in considerazione.

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    1. Girerò i tuoi complimenti a Claudio. Ci teneva moltissimo a questo pezzo, perché Nereo è uno dei suoi idoli totali.
      Citi un gran nome, Mary, sfondando un portone aperto: io ero "innamorato" già del De Zerbi calciatore ai tempi della primavera del Milan (giocò un torneo di Viareggio, seguito in tv, pazzesco), sbocciato però tardivamente, in Serie B, a Catania. Da allenatore è bravissimo, farà strada.

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  11. Non fu un periodo buono quello per la mia Juve, ma mi sarebbe davvero piaciuto vederlo all'opera, per fortuna lui ancora c'è con le sue parole, la sua tattica e carisma, tuttora immortali ;)

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    1. Un personaggio simile che ho visto all'opera, da allenatore, fu Cesare Maldini.
      Da ragazzino non vedevo di buon grado alcune scelte, soprattutto quella del 5-3-2, ma con il senno di poi...è stato un buon allenatore e un grande personaggio.

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  12. Alcuni paragonano Gattuso a Rocco ; un gran bel complimento!

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    1. Eh già! E' il suo erede. Speriamo ci porti anche qualche trofeo, in futuro :)

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