Ritratti: il bell'Antonio, fenomenologia di Cabrini (di Claudio D'Aleo)


Antonio Cabrini è nato a Cremona il giorno 8 ottobre del 1957. Alto 178 cm. pesava 72 kg. Ritenuto uno dei “primissimi” terzini moderni, nonchè tra i migliori interpreti del ruolo a livello mondiale, ha dato corpo e sostanza con Zoff, Gentile e Scirea ad una delle più forti difese bianconere mai esistite e ben presto trapiantate anche in Nazionale (Zoff in porta;  Gentile terzino destro; Cabrini terzino sinistro; al centro l’indimenticato Gaetano Scirea).

Il “bell’Antonio”, così soprannominato per i suoi proverbiali successi con le donne, ha vinto con la Juventus 6 Scudetti (1976-1977, 1977-1978, 1890-1981, 1981-1982, 1983-1984, 1986-1986), 2 Coppe Italia 1978-1979, 1982-1983), 1 Coppa Uefa (1976-1977), 1 Coppa delle Coppe (1983-1984), 1 Super Coppa Uefa (1984), 1 Coppa dei Campioni 1984-1985),1 Coppa Intercontinentale (1985).In bianconero ha collezionato 297 presenze e segnato 33 gol. Nel 1982, in Spagna, s’è laureato Campione del Mondo con la Nazionale italiana guidata da Enzo Bearzot. Nel 1978, in Argentina, sempre con Bearzot allenatore, giovanissimo e fresco d’esordio in azzurro, ebbe modo di laurearsi miglior terzino sinistro di quel mondiale incantando le platee con la corsa, l’ eleganza e la grinta che metteva in ogni azione. 

Eleganza e potenza muscolare

Cabrini imperversava in lungo e in largo sulla sua fascia da veterano. Nessun timore reverenziale, nessuna esitazione. Sapeva giocare molto bene al calcio e trattava la palla come pochi. La sua classe cristallina lo ha sempre accompagnato ovunque andasse e dovunque si esibisse tanto In bianconero, quanto in azzurro. Vederlo giocare era un piacere. Elegante e bello sprigionava una freschezza tecnica e muscolare che non passava inosservata. Le donne stravedevano per lui. Come facesse a disimpegnarsi tra tutto e tutti rimane ancora oggi un mistero. In Nazionale Cabrini ha giocato dal 1978 al 1987 inanellando 73 presenze e 9 reti. Antonio ha fatto di se stesso una leggenda riuscendo ad incastonarsi ad arte nella scia dei grandi laterali sinistri italiani dopo Giacinto Facchetti, “durante” Aldo Maldera e prima di Paolo Maldini. A Maldini seppe “preparare” con dovizia di particolari il “terreno”. Da Facchetti a Maldera precedendo Maldini. Una carriera fantastica.  Il fuoriclasse milanista oggi è  direttore sportivo del Milan dopo aver collezionato coi rossoneri la bellezza di 647 presente e vinto tutto quello che c’era da vincere sia in Italia che nel Mondo. Cabrini oggi si diletta da allenatore ma con alterne fortune. 


Dentro di sé un cuneo di emozioni

Spiegare Cabrini non è semplice. Tecnicamente aveva pochi difetti. Alto, fisicamente prestante, bravo di testa e nella spinta, buono in marcatura. Eccellente nella visione di gioco ma non solo: trattava la palla più da ala dai piedi “buoni” o da mediano “lungimirante” che da difensore. Godeva di un “tocco” felpato ed efficace. I suoi “stop” erano poesia. Una rarità per quei tempi dove il catenaccio “morbido” si accingeva  a lasciare il passo alla zona propriamente detta e i difensori, per lo più “menavano” alla grande. Cabrini giocava quasi sempre una partita a sé. Mai rude, rispettava e pretendeva rispetto. Interpretava il ruolo con una cocciutaggine e una dedizione che trovavi in pochi altri specialisti del ruolo. In Spagna il grande Paul Breitner, terzino sinistro di quella grande Germania che battemmo in finale, ne rimase incantato. Il terzino sinistro, per qualcuno, avrebbe dovuto solo marcare e correre a perdifiato lungo la fascia di competenza per aprire varchi importanti in avanti. Cabrini diede un’altra chiave di lettura a quel ruolo. Il terzino sinistro, con lui divenne un mediano “laterale” di fascia. Con lui il terzino smise di vestire i panni del solo marcatore per vestire quelli più nobili del difensore ala e un po’ centrocampista. Un giocatore moderno, completo, dotato di gran classe e perfettamente in grado non solo di inibire le azioni d’attacco avversarie ma di iniziare e concludere egli stesso l’azione offensiva. Cabrini difendeva bene ma sapeva declinare come pochi altri il verbo del gioco d’attacco. Era naturale, per lui, fare e creare superiorità numerica. Saltava l’avversario con semplicità e apriva spazi importanti davanti a se per i suoi compagni di squadra. Spesso diventava la pietra miliare delle azioni e questo sia nella Juve che in Nazionale. Vedeva il gioco da giocatore di talento. Era parte integrante di uno schema solidissimo. Da Gentile a Scirea e poi a Cabrini. O da Zoff a Cabrini tanto per cambiare. Nulla faceva differenza. Era quello l’inizio. Le sue proverbiali accelerazioni lo portavano sempre o quasi sempre nei paraggi delle altrui aree di rigore pronto a sventagliare i suoi “cross” o a smistare palloni che diventavano spesso decisivi per gli attaccanti. Più volte candidato al pallone d’oro, nel 1978 si è classificato tredicesimo in quella manifestazione.

Quando il pallone emana emozioni

Cabrini non è stato solo Alfiere indomito in bianconero e in azzurro d’un nuovo modo di vivere e interpretare il calcio. Cabrini è andato oltre. E’ stato “testimonial” attento e scrupoloso d’un cambiamento epocale nei “comportamenti” e nello Sport. Un “nuovo” modo di concepire la vita e il pallone che allora si incuneava tra noi ondeggiando tra sport, creatività e “ribellione culturale”. Il Campione bianconero ha sparigliato tutte le carte che a quei tempi, sociologicamente e calcisticamente,  andavano per la maggiore e questo tanto nella vita d’ogni giorno che nel calcio. Fu modello ed esempio per tantissimi ragazzi. “Disincanto”, gioia di vivere  e sfrontatezza “ponderata” in lui e con lui prendevano il sopravvento. Il grande pregio di Cabrini fu quello di essere riuscito, col suo lavoro e la sua eleganza, a entrare in alchimia con le emozioni di ogni giovane e di ogni sportivo. Il “bell’Antonio” ha dato la stura ad un grande cambiamento comportamentale, tattico e culturale. Attorno al suo “essere” innovatore il calcio s’è dato sembianze nuove  e più moderne. Finita l’era dei calcioni iniziava quella dell’efficacia mista alla bellezza. Dal “metodo” al “catenaccio” passando alla “zona” il calcio s’è lentamente modificato  fino a raggiungere livelli tatticamente e idealmente pregevoli quali riteniamo siano quelli di oggi. Con Cabrini è scomparso il terzino sinistro bravo ma solo marcatore e ne è nato un altro tatticamente più funzionale e meglio compenetrato nel gioco di squadra;  aperto alle nuove “teorie” calcistiche e meno arroccato davanti alla sua area di rigore.

Claudio D’Aleo

Commenti

  1. Risposte
    1. Dopo lui e Maldini l'Italia non ha saputo più sfornare un vero terzino sinistro di livello. Zambrotta era un centrocampista adattato.

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    2. Ciao Riky, sono passata per lasciarti un saluto dopo tanto tempo e un carissimo augurio per tutte queste Feste :)
      Mi inserisco qui perchè hai nominato il "mio" Paolo, che davvero insieme al bell'Antonio è stato il migliore terzino sinistro italiano.
      Io (vista la mia veneranda età ;) ) ho avuto la fortuna di seguire anche le performance di Cabrini, specie la sua partecipazione ai Mondiali dell'82, ovviamente.
      Ciao!

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    3. Ciao Maris,
      grazie di cuore del pensiero..contraccambio di cuore.
      Un abbraccio anche ai tuoi due bellissimi bambini.
      Cabrini e Maldini, con Facchetti, aggiungerei :)

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  2. Sono così vecchio da ricordamelo da giocatore...veramente un campione!

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    1. ahahh, in effetti ha smesso nel 1991...quasi 30 anni fa XD

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  3. Non l'ho visto giocare, ma la sua fama mi basta ed avanza ;)

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    1. Mia sorella lo adorava :D io l'ho conosciuto così :D

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  4. Di sicuro fin dall'infanzia è il miglior terzino sinistro mai visto alla Juve.
    Forse se Fortunato non fosse stato così, ahinoi, "sfortunato", chissà...

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    1. Ricordo bene Fortunato. Nel 2020 parleremo anche di lui...

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