La scure di Zagor: quando la finanza travolge i sentimenti. Il caso Milan (di Claudio D'Aleo)

Non è un calcio per “vecchi”

Questo calcio basato troppo su “costi e ricavi” e troppo poco sui “sentimenti “ e sulle  “emozioni” piace e piacerà sempre meno alla gente. Ne siamo convinti. In particolare piace poco ai meno giovani. Per chi è cresciuto sotto l’egida di Rivera e Mazzola, di Riva e Scirea, di Sandro Ciotti ed Enrico Ameri non poteva essere facile, né lo è stato, adattarsi in “corsa” ad un nuovo modo di intendere e concepire non solo il “pallone” ma anche qualunque altro modello di Sport di pari essenza. La finanza è “entrata” ovunque. Le maglie d’un tempo, tanto belle quanto irripetibili, senza Sponsor né etichette stampigliate addosso, sono state consegnate alla storia e con esse i sogni che di quel calcio erano stati travi portanti. Il “dio” denaro ha macinato tutto e tutti. Il profitto detta legge. Di quei palcoscenici ancorati a “Tutto il calcio minuto per minuto”, a “90 minuto”, alla Domenica sportiva”, a “Domenica sprint” e ai secondi tempi delle partite di cartello trasmesse dalla Rai non è rimasto più nulla o quasi. Solo ricordi. Dal 2011 ad oggi è cambiato tutto. Non sono stati pochi i “magnati” stranieri che hanno deciso di investire nel nostro Calcio acquisendo Club prestigiosi e di chiara fama internazionale al fine di trarne ricchezza. Col calcio nessuno ci rimette. Questo è poco ma sicuro. Dalla Roma al Milan passando dall’Inter, dal Venezia, dal Bologna e dal Parma tutto ha contribuito e contribuisce a fare del pallone uno strumento finanziario importante ad uso e consumo di Holding ben strutturate e imprenditori miliardari convinti di poter fatturare senza “freni” e di vedere crescere attraverso il calcio i propri guadagni.

Da Bee Taechaubol a Yonghong Li  

Il Milan non è immune da tutto questo. Il Club rossonero è in profonda sofferenza finanziaria sin dall’aprile del 2015. Bee Taechaubol non è un nome che desta particolari sussulti tra i milanisti. L’imprenditore thailandese salì agli onori delle cronache proprio in quell’anno e in occasione della sua proposta di acquisire parte del Milan di Berlusconi attraverso una complessa negoziazione finanziaria che di seguito non ha dato i frutti desiderati. Nel giugno del 2015 Bee firmò un contratto con Fininvest per trattare in esclusiva l'acquisto del 48% dell'AC Milan per 480 milioni di euro. Nel febbraio 2016 la trattativa è “saltata” definitivamente. Faceva “acqua” da più parti. Già in precedenza il sito della testata economico-finanziaria Forbes aveva ipotizzato che Taechaubol non avesse disponibilità personali sufficienti per l'acquisizione del Milan e che stesse cercando di attirare l'attenzione della stampa internazionale per trovare altri investitori interessati ad acquistare quote della società rossonera assieme a lui. Una bolla di sapone o poco più. E infatti non se ne fece più nulla. Il seguito fu ancora più “sconvolgente”. Il 13 aprile 2017 l’imprenditore cinese Yonghong Li trovò un accordo con Silvio Berlusconi per l’acquisto del Milan e diventava di fatto il nuovo Presidente del Club rossonero. Prima del “closing” Yonghong Li aveva versato a Fininvest caparre per complessivi 250 milioni di euro. Dal bilancio Fininvest aggiornato al 31 dicembre del 2016 si desume che l’ammontare totale versato dall’imprenditore cinese a Fininvest per l’acquisizione del 99,93% del Milan si aggirava  attorno ai 500 milioni di euro. Una performance finanziaria parecchio onerosa per il magnate cinese ma anche “capestro” per il futuro a “breve e medio” termine della società milanista. Un incubo terminato con l’avvento di Elliott al vertice del Milan e la triste dipartita dei cinesi dal Consiglio di Amministrazione del Club rossonero. 

Elliott fa piazza pulita

Fassone e Mirabelli non hanno lasciato tracce nei cuori dei milanisti. Né avrebbero potuto farlo. Troppo interlocutorio e privo di appigli sostanziali il loro lavoro coi cinesi per essere ricordato. L’ allontanamento dal Milan è stato inevitabile. Uno dei primi provvedimenti della Proprietà americana targata Singer & company. Mirabelli & Fassone hanno lasciato solo macerie alle loro spalle. La campagna acquisti portata a conclusione nel 2017 è stata assolutamente poco redditizia in termini di risultati sportivi e molto pesante dal punto di vista patrimoniale. Circa 240,87 milioni di euro spesi non bene. Il Milan ha rischiato grosso in termini “fairplay finanziario”, è stato escluso per l’anno in corso dalle Coppe europee e ne paga tuttora le “conseguenze”. Bonucci è costato al Milan 42 milioni di euro; Andrè Silva 38 milioni; Kalinic 27 milioni; Conti 24,2 milioni; Calhanoglu 21,3 milioni; Biglia 19,2 milioni; Musacchio 17,71 milioni; Rodriguez 14,18 milioni; Borini (un “pallino” di Mirabelli) 5,5 milioni; Kessiè 28 milioni; Antonio Donnarumma 978 mila euro. Per Mirabelli allora fu costruita la spina dorsale del Milan per gli anni a venire. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Inesistenti o quasi.

La ristrutturazione del Club tentata da Elliott e i passi verso il magnate francese Arnault

Il Fondo americano ha finora investito nel Milan circa 327 milioni di euro. Elliott gli ha dato un nuovo CDA, nuovi Dirigenti, una veste societaria moderna e più snella. Gazidis ha la responsabilità del fatturato. Boban quella di Ministro degli Esteri della Società milanista. Maldini segue la campagna acquisti. I risultati tardano. Il Milan non vince. Elliott ha messo tutti sotto esame. Chi investe non gradisce il passare infruttuoso del tempo e meno ancora le sconfitte. Servono vittorie per far lievitare bene il valore del Club e renderlo sempre più appetibile in ogni dove. Gli obiettivi vanno raggiunti. Poi si procederà a vendere. Ancora una volta. Magari a chi potrà legare  il proprio nome a quello del Milan. E’ di questi giorni  la notizia tutta da confermare di una trattativa tra Elliott e Arnault. Bernard Arnault è un imprenditore francese. Proprietario del gruppo del lusso LVMH, è molto ricco e possiede un patrimonio stimato attorno ai 94,6 miliardi di dollari. Una cosa appare certa. Elliott non venderà mai una Società in “perdita” e mai un Milan nei piani bassi della Classifica. Elliott vuole prima vincere.

Un calcio al passato

Non amiamo questo calcio tutto soldi e poco cuore. A tratti quasi “disumano” e poco invitante nei suoi lineamenti vitali. Amiamo il calcio di Arrica, Farina e  Fraizzoli; di Herrera, Rocco e Trapattoni; il calcio del Milan che vinceva di rado ma divertiva sempre, del Cagliari di Scopigno e del Verona di Bagnoli. Ricordiamo con piacere le  “gesta dell’Inter di Invernizzi e Bersellini e del Toro di Gigi Radice. Davide può battere Golia se glielo permettono. Davide “deve” battere Golia. I soldi non possono essere tutto tanto nella vita quanto nello sport. I valori contano anche nello sport e non sono alienabili. Dovendo operare una scelta in “corsa”, seguiremmo sempre la scia di Ferlaino e Viola, di Berlusconi e di Moratti. Gli ultimi Presidenti d’un calcio che non c’è più  e che non finiremo mai di amare e rimpiangere.

Claudio D’Aleo

Commenti

  1. Il calcio è lo specchio della deriva etica dell'Italia.

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    1. Esattamente.
      Una delle cose più scandalose fu lo "spalma debiti" varato dal governo del signore in foto.

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  2. E' tutto un magna magna, direbbe qualcuno.
    E avrebbe ragione.

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    1. Come i bilanci della squadra citata da D'Aleo :D, visto che comparivano strani rossi di bilancio. Soldi che uscivano da una parte e...

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  3. infatti io che amo il calcio non lo seguo praticamente più. e sono dopo tanti anni primo in classifica.....

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    1. Secondo me c'è troppo overdose di calcio (e lo dice uno che è grande appassionato), troppe partite, tutto naturalmente perché "comandano i soldi".

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    1. Parlavamo di finanza ma in altro senso :D

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