Ritratti: Franco Causio, un “barone” alla corte dei Savoia (di Claudio D'Aleo)


Franco Causio è nato a Lecce il 1 febbraio del 1949. Alto 170 cm. pesava 68 kg.  Ha giocato nella Juventus dal 1970 al 1981 collezionando 304 presenze e 49 gol. Con la Juve ha vinto 6 Scudetti (1971-1972;1972-1973;1974-1975;1976-1977;1977-1978;1980-1981);1 Coppa Italia (1978-1979); 1 Coppa Uefa (1976-1977). In Nazionale ha giocato dal 1972 al 1983 totalizzando 63 presenze e 6 gol. E’ stato Campione del Mondo in Spagna nel 1982 con la Nazionale allenata da Enzo Bearzot. Il grande “tornante” bianconero ha lasciato il calcio giocato nel 1988 terminando nella Triestina, dopo aver abbandonato la maglia azzurra nel 1983.


L’essenza del Mito

Nato interno di rifinitura, Causio fu via via guidato verso una diversa collocazione tattica, quella di ala destra di “raccordo”, ruolo che gli avrebbe dato, nel tempo, la definitiva consacrazione oltreché la caratura del grande Campione. Erano i tempi in cui il miglior interprete del ruolo era Angelo Domenghini, forse il maratoneta di fascia destra più “pungente” e generoso che abbia mai calcato i nostri campi di calcio. «Domingo», titolare inamovibile della maglia azzurra n. 7, consacratosi nel grande Cagliari di Gigi Riva, “pedalava” come un “matto” e tirava tanto in porta; palleggiava senza mai indulgere a tentazioni di stile o a inutili tocchi di fino ed era di una caparbietà proverbiale. La concretezza e l’irriverenza che era facile cogliere nelle sue giocate, ne dipinsero ogni gesto, ogni movenza, ogni gol.


Tecnici e tifosi di Domenghini si erano ormai abituati ad identificare in quelle caratteristiche certamente poco comuni quelle ideali e “romantiche”dell’ala “tornante”, dell’infaticabile ala destra che teneva uniti difensori e attaccanti e riforniva di cross le punte. Causio fu questo. Fu un “tornante” di “brio” e di “sostanza”, il giusto tramite tra difesa e attacco. I suoi “rifornimenti” per gli attaccanti erano preziosi. Il gioco del barone era fatto di  agganci volanti, di pallonetti beffardi che lasciavano i portieri fermi sul posto e di rasoiate ad “hoc” che tagliavano in due le zone di campo prescelte per aprire il gioco verso l’attacco. Certi «numeri», quasi “circensi”, ne hanno plasmato l’essenza, la caratura e la fama. Il dribbling «a rientrare» in avvio dì azione, per esempio, o il cross di esterno destro a “servire” erano particolari e metodici e mettevano sempre Anastasi e Bettega o chi per loro nelle migliori condizioni possibili per segnare. Causio fu tra gli ultimi esponenti di un «calcio d’autore»  romantico ormai consegnato alla Storia.

Il calcio come divertimento



Franco Causio ha avuto il grande merito di aver divertito per anni le tifoserie di mezzo mondo. Tra gambe e piedi imperversavano le “bollicine”. Lui era “frizzante”. Il suo calcio, tutto “finte” e brillantezza, piaceva assai. Il “barone” così definito per l’eleganza e la verve aristocratica che ne contraddistinguevano le “azioni” e gli atteggiamenti sia in campo che fuori, non è stato spettatore “qualunque” nel nostro palcoscenico calcistico ma protagonista assoluto di una epopea pallonara indimenticabile e, per molti aspetti, unica. Causio incantava. I suoi dribbling mozzafiato sia nello “stretto” che sul “lungo linea” e le sue “serpentine ubriacanti verso ogni spazio gestibile sono divenuti leggenda e sono tuttora decantati quasi fossero brani di un poema d’altri tempi. Il barone saltava gli avversari come birilli. Cercava il “numero”, il dialogo coi compagni, le azioni in “profondità”. Togliergli la palla non era facile. Per certi versi fu precursore di Cristiano Ronaldo. Come nel fuoriclasse portoghese, in lui, in Causio, impressionavano l’agilità e la furbizia con cui dettava legge palla al piede e saltava, dribblandolo di brutto e in corsa, qualunque avversario.



Quando era in giornata Causio era immarcabile. Il suo gioco di gambe, scattante e imprevedibile, lasciava basiti, di “stucco”. Non poche volte attaccava gli spazi e creava superiorità numerica con una rapidità impressionante. Tra il pensare e il fare passava un attimo. La poco comune visione di gioco lo portava spesso a verticalizzare e a “tagliare” in due il campo quasi avesse un rasoio al posto del piede. Causio non passava inosservato,e questo sia che giocasse sulla fascia di competenza, sia che si esprimesse a “ridosso” del centrocampo. Causio si vedeva e si voleva nel cuore di ogni manovra d’attacco; pensava prima degli altri, trasformava i pensieri in dribbling micidiali e costruiva d’istinto ogni azione in velocità. Profittava delle sue indubbie qualità “balistiche” per disorientare i suoi marcatori e servire cross al bacio per i compagni meglio piazzati. Verticalizzava che era un piacere. Il compianto Anastasi, Bettega ed anche Altafini ancora ringraziano. 


Il marchio di fabbrica su ogni partita

La “rivalità” tra calciatori a quei tempi non era “cultura del negativo” ma voglia di migliorarsi attraverso il lavoro. I giovani studiavano dai grandi Campioni al fine di carpirne ogni segreto. Franco Causio ha dipinto calcio con la sua verve pittorica mai sopra le righe. Ebbe in contrapposizione il grande  Claudio Sala ma riuscì quasi sempre a farsi preferire al mitico “poeta” granata grazie alla vivacità, alla intraprendenza e alla esplosività delle sue azioni. Causio e Sala sono stati “tornanti” favolosi e dalla classe purissima. Per anni in contrapposizione hanno diviso la critica. Sala era poesia, eleganza; Causio prosa, divertimento. Bearzot, di Causio, non poteva farne a meno. Lo juventino trascinava, inventava, spronava chiunque avesse a fianco. Era il collante del gioco di Bearzot.  Causio incantava sia in bianconero che in azzurro. Sala un po’ meno in azzurro e tanto in granata. Il “blocco” della Nazionale era imperniato sul bianconero. Causio giocava con gli stressi compagni sia nella Juventus che in Nazionale. Un vantaggio che seppe capitalizzare benissimo.  Il barone ha divertito i tifosi  per il tramite di una personalità forte e genialoide che diventava modo di esprimersi e vivere la partita. Il suo calcio fu un continuo dialogare con se stesso e con gli altri. Questo lo ha reso personaggio “irruento”, inimitabile e a tratti un po’ “naif”.  Un nuovo Causio non lo abbiamo ancora visto e probabilmente non lo vedremo mai più. Quello sguardo fiero e “pungente” trasmetteva serietà e rispetto. A lui non la potevi combinare. Fu leader silenzioso e parecchio ascoltato sia nella grande Juventus di Zoff, Bettega, Scirea e Tardelli che in azzurro.



Irresistibile e irrefrenabile palla al piede, generoso per la mole di lavoro che svolgeva a beneficio della squadra e dei suoi compagni di reparto fu capace di inventare uno stile di gioco imprevedibile e redditizio fatto di giocate geniali e rapide, di sgroppate inarrestabili sulla destra e di “cross” mozzafiato a beneficio degli attaccanti. Quello stile di gioco, il “suo” stile di gioco, invano copiato da altri, è rimasto impresso nella mente di tanti sportivi e cultori del calcioi che ancora oggi lo ricordano con affetto e ne raccontano estasiati le memorabili gesta. Il suo miglior periodo fu senza dubbio quello legato alla Juventus dagli anni Settanta e alla Nazionale “bearzottiana” poi Campione del Mondo nel 1982. Con entrambe le squadre riscosse tanti successi. Grazie a entrambe entrò di diritto, senza mai più uscirne, nel firmamento del calcio mondiale.

Claudio D'Aleo

Commenti

  1. Quando si presentò a Torino si presentò con una vistosa "pancetta" e Bettega lo sfotteva.
    pagando in seguito questo suo atteggiamento. Un giornalista di Torino, Fulvio Cinti, lo fece diventare il "Barone" perché Caùsio, come lo chiamava per dispetto il cornificato Bettega aveva stile in campo e fuori. Pupillo di Bearzot per la sua bravura sul terreno di gioco e con le carte, specialità "scopone". Più forte di sala del Torino e inferiore a Domenghini.

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    1. Belli questi tuoi aneddoti. Metto agli atti anche la tua classifica sulle tre ali citate anche da Claudio: per me è difficile dire chi fosse il migliore dei tre.

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  2. Un giocatore di un calcio che non c'è più, un giocatore di cui ho sempre sentito parlare bene, che classe ;)

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    1. Pensa che da piccolino vidi una partita in cui giocavano i nazionali del 1982, e Causio in quella partita fu ancora protagonista. Quello è il mio ricordo "diretto" di Causio 😁

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  3. Ricordo proprio quando Bearzot gli fece disputare gli ultimi due minuti della Finale Mondiale nel 1982. Fu un bellissimo modo per omaggiare una carriera ed un giocatore meritorio.

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  4. Bell'aneddoto Nick, e davvero un giusto omaggio da parte del grande Bearzot.

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