Milan, "purtroppo" ha senso l'esonero di Pioli



Ieri (Venerdì 10 maggio) sulla Gazzetta dello Sport si citava il successo del modello Atalanta, progetto imperniato su una guida tecnica a lunghissimo termine, sollecitando Milan e Juventus a "ripensare" ai possibili esoneri di Stefano Pioli e Massimiliano Allegri.

L'articolo ha un titolo di impatto: "La lezione di Gasp e dell'Atalanta: ha davvero senso licenziare Allegri e Pioli?".

"Purtroppo" sì.

Il ciclo di Pioli è largamente finito.

La proprietà ha le sue responsabilità: il mercato della stagione post scudetto è stato lacunoso in termini di investimenti e anche quest'estate, considerata la cessione di Tonali, si poteva fare di più. Lo dimostrano i dati di bilancio. Il Milan rispetterà agevolmente i parametri del Settlement Agreement per il triennio 2023-2025 ed è molto sotto la soglia prevista dalle nuove regole del fair-play finanziario: al momento i rossoneri investono meno del 50% dei ricavi nell'allestimento di rosa e staff tecnico, il limite è fissato al 70% a partire dalla stagione 2025-26. 

Pioli a gennaio necessitava di un altro difensore, oltre a Gabbia, e di un mediano, anche per le condizioni precarie di Kjaer e Bennacer. Non è stato aiutato. 

Alibi e giustificazioni dunque non mancano, ma il tecnico ha le sue colpe, a partire dagli infortuni: colpa, questa, da dividere con lo staff atletico, che è sotto la sua diretta responsabilità.  Kalulu ha saltato praticamente l'intera stagione, Tomori e Thiaw sono stati limitati, al ritorno in campo, da una condizione precaria. 

Le responsabilità maggiori di Pioli sono però dal punto di vista tattico. L'uno vs uno esasperato, le difficoltà della squadra a pressare sulla costruzione dal basso degli avversari, l'impiego di alcuni giocatori fuori ruolo come Okafor, spesso schierato troppo largo sulla fascia, la mossa del terzino spostato in mediana che oramai è letta da tutti gli avversari rivali, con tanto di contromisure letali. Questi, riassumendo, alcuni dei difetti principali osservati in stagione. 

C'è da dire che quest'estate si è scelto di dare un'impronta più offensiva al Milan, tramite il mercato, ed è il classico discorso della coperta, lunga allo stesso modo e che lascia qualcosa scoperto. Il Milan segna tanto e subisce altrettanto. 

Pioli ci ha provato e questo gli garantisce un'uscita a testa alta: è oramai chiaro che il Milan dello scudetto fosse "una parentesi", una squadra al massimo della condizione fisica, senza impegni europei, con giocatori in stato di grazia dal punto di vista mentale e fisico, con un Kessie baluardo davanti a una  difesa che non prendeva mai gol. Un po' come il Milan del periodo post lockdown. 

L'allenatore parmense, rimesso lo champagne in frigo, in questi due anni non ha rinnegato i suoi principi di gioco, ma non è riuscito ad evolversi. E per tornare vincente con la maglia rossonera, ci sarebbe solo una strada:  tanti rinforzi che la società non può garantire (anche se i dati di bilancio dimostrano che ai piani alti ci sia troppa "prudenza"). 

Così in casa rossonera si cambia ed è una decisione sensata. 

Il nuovo allenatore dovrà valorizzare il gruppo a disposizione, che sarà arricchito da qualche innesto.

Non sarà facile collocare Leao in un nuovo contesto tattico e soprattutto accompagnare il portoghese nella maturità calcistica, anche a costo di usare quel bastone a cui Pioli ha sempre anteposto la carota (e di questo non gliene facciamo una colpa). Chukwueze, Okafor, Musah, lo stesso Loftus Cheek dovranno essere valorizzati al meglio. Kalulu, Thiaw, Tomori e Bennacer dovranno ritrovare la loro migliore condizione. Il gruppo dovrà essere stimolato e motivato, perché a questo Milan spesso mancano le motivazioni e la rabbia agonistica in campo, e quest'assenza poi talvolta si sfoga in esternazioni di rabbia (non agonistica) che portano a sanzioni disciplinari da parte dell'arbitro.

Il nuovo Milan, che non può permettersi top player, dovrà seguire la nuova corrente calcistica: squadra con baricentro basso, brava a compattarsi in tre linee, verticalizzazioni rapide e ripartenze letali, senza esasperare i duelli uno contro uno e senza lasciare i difensori centrali a centrocampo ad affrontare questi duelli.

Serve quindi un nuovo allenatore molto preparato dal punto di vista tattico, che dia certezze e sicurezze alla squadra, che sia un punto di riferimento, un elemento di personalità. Pioli è stato per tutti un buon padre, che certo è capace di qualche rimprovero, ma rimane un padre. Ha accompagnato la crescita del gruppo, ma ora il suo compito si è esaurito. 

Commenti

  1. Io concordo col vendere un paio di grossi nomi (ma forse anche tre) e fare cassa per un mercato sensato e di qualità. A Pioli ho sempre rimproverato scarso coraggio, decisione, tempestività e personalità, CDK utilizzato con continuità lo avrebbe sciolto probabilmente prima, quest'anno Chuku e Adli col contagocce, dei primavera promettentissimi mai utilizzati.. e in Spagna coi dicottenni ci fanno la Champions.. lasciamo stare..poi compriamo lo stranierucolo perché fa "esotico".. tornando al futuro io Conte lo vorrei, comunque qualcuno che li inquadri 'sti ragazzi e ridoni loro un po' di entusiasmo e autonomia.. intanto ho paura di un'imbarcata finale con Cagliari e Torino.. se nessuno segue più Pioli, perché lui dovrebbe seguire il MIlan fino alla fine?

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    1. Caro Franco, volendo - vendendo i due belgi oggi in prestito e con il bilancio in attivo - ci sarebbe il budget per comprare la punta (50 milioni) terzino destro (25) centrocampista (30) e difensore centrale (25).
      Ecco, magari vendendo il solo Maignan a 50 milioni potremmo stare più tranquilli a bilancio, aggiungendo alla lista della spesa anche un portiere sui 20-25 milioni.
      Sui giovani cambierà qualcosa. Serve l'allenatore giusto per valorizzarli, con un po' di coraggio e incoscienza.

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    2. Bravo. L'incoscenza del giocarsela.

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