Ritratti: Giacinto Facchetti, monumento sportivo e campione di stile (di Claudio D'Aleo)


Giacinto Facchetti è stato un pilastro della Grande Inter di Helenio Herrera e della Nazionale italiana.  Ma non solo quello. Giacinto Facchetti è stato ed è un Monumento del Calcio nazionale e internazionale. E’ un piacere ricordarne le gesta. Persone e giocatori così non andrebbero mai dimenticati. Costituiscono la “memoria storica” cui attingere a piene mani per migliorare noi stessi e chi ci sta accanto. Per “colorare” il gioco del calcio di poesia, cultura e saggezza.

Terzino sinistro di “classe” e di” sostanza”, difensore centrale potente ed elegante, racchiudeva in sè doti umane, fisiche e tecniche a dir poco eccellenti. Da uno come lui non potevi non imparare. I suoi atteggiamenti sia dentro che fuori dal campo sono sempre stati un esempio per tutti, compagni di squadra e avversari. Uomo e Campione riservato, colto,  amato e  stimato ovunque, ha scritto pagine incancellabili di Storia del Calcio non solo a tinte “nerazzurre” ma anche “azzurre”.

Nato a Treviglio il 18 luglio del 1942 ha esordito in Serie A il 21 maggio del 1961. Roma – Inter 0 -2. Giacinto Facchetti ha giocato nell’Inter diciotto anni consecutivamente, dal 1960 al 1978. Ha collezionato 475 presenze e segnato 59 gol. In Azzurro ha giocato dal 1963 al 1977, racimolando 93 presenze e segnando 3 gol.  Con Tarcisio Burgnich, compagno di squadra sia nell’Inter che in Nazionale, ha dato corpo e sostanza alla coppia difensiva più longeva della Storia della Nazionale italiana. I due “granitici” Campioni giocarono assieme in “Azzurro” dal 1963 al 1974. Facchetti con l’Inter ha vinto 4 Scudetti, 1 Coppa Italia, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali. In Nazionale è stato vice Campione del Mondo in Messico nel 1970 e ha vinto gli Europei nel 1968. Per Gianni Brera fu “Giacinto Magno”. 



Facchetti è stato tra gli indimenticabili, eroici protagonisti della mitica semifinale giocata in Messico nel 1970 contro la Germania di Gerd Muller e Franz Beckembauer, vinta dagli azzurri per 4-3 dopo i tempi supplementari. Una partita diventata leggenda. Professionista serio, esemplare di poche ma sempre efficaci parole, ha lasciato ricordi bellissimi ovunque sia stato. Uno “signore” d’altri tempi. Vedevi questo gigante “buono” sfrecciare avanti e indietro lungo la corsia di sinistra e ne rimanevi incantato. Tanto “roccia” quanto “galantuomo”.  Difensore e goleador, “costruttore” di calcio come pochi. Ha lasciato a San Siro una impronta indelebile.  In campo non andava soltanto un Campione ma un’ idea ben precisa di calcio. Era lui la “Stella polare” dello squadrone di Helenio Herrera. In partita aiutava e incoraggiava tutti. Si offriva al compagno in difficoltà e si caricava la squadra sulle spalle. Per lui era tutto normale. Non conosceva paura. Tanta forza ma anche tanta tecnica. Impauriva gli avversari con l’esuberanza e l’ardore che un fisico come il suo non poteva non trasmettere. Era una “montagna”. 1,88 di altezza per 85 kg. di peso. Ottima visione di gioco, viso scultoreo, possesso palla “granitico”. Ottimo nelle chiusure, ottimo nelle proiezioni offensive.  Un vero fuoriclasse. Leader taciturno e educato ma, al contempo, condottiero fiero e determinato.

Facchetti e Rivera prima di un derby
Riva e Facchetti

Helenio Herrera per lui stravedeva. Il Presidente Angelo Moratti, papà di Massimo, pure. Si narra che l’allora Presidente della Grande Inter  lo preferisse e lo amasse più di Sandro Mazzola e di Mariolino Corso, altri due “pupilli” del Presidente, altri due perni insostituibili della memorabile Inter “ herreriana” degli anni ’60.  La “leggenda” nerazzurra narra che negli spogliatoi Helenio Herrera, che indirizzava i suoi storici “sermoni” a tutti, non lasciasse andare mai via nessuno senza che prima Facchetti non gli avesse dato l’indispensabile “benestare” con uno sguardo o un sorriso. I due interloquivano anche così. Herrera era legato a doppio filo a tutti i suoi eroi ma senza l’approvazione di Facchetti non sapeva decidere.  Facchetti non ebbe mai problemi a far breccia nei cuori di quanti lo hanno ammirato per le sue gesta calcistiche e non solo.

Fu guida e trascinatore sia dell’Inter che della Nazionale. Leader forte e sicuro. In campo non era facile superarlo. Autorevole e autoritario sia in partita che nella vita di tutti i giorni. Sembrava lento per via della sua “stazza” ma quando ti  rincorreva per toglierti la palla era meglio che gliela lasciavi sul posto. Ottima visione di gioco, ottimo tiro, ottimo palleggio. Ottimo nel gioco aereo. In marcatura era una sentenza. Di testa le prendeva quasi tutte lui. Forte nei recuperi, bravissimo di testa e pressoché insuperabile nei contrasti, Facchetti ha incarnato per anni quello che poi sarebbe diventato il ruolo basilare sulla fascia di sua competenza negli anni a venire: il terzino sinistro fluidificante. Il terzino sinistro “goleador”. Tutto ebbe inizio con lui. Nessuno prima seppe interpretarne il “ruolo” e i  “compiti”. Giocatore forte in marcatura ma abilissimo nelle proiezioni offensive. Da difensore vedeva la porta come pochi, quasi come un attaccante. Dopo di lui altri due “grandissimi”. Antonio Cabrini e Paolo Maldini. Maldini, ritiratosi Franco Baresi, ne assunse il ruolo sia nel Milan che in Nazionale. Terzino sinistro “prima”, “centrale” poi. Proprio come il grande Facchetti. Per certi versi Paolo ne fu il “prosecutore” in Nazionale.





Facchetti morì nel 2006 lasciando un vuoto incolmabile in chiunque ami e abbia amato questo Sport e lo abbia conosciuto come uomo e come Fuoriclasse. L’Inter ne ritirò la gloriosa maglia nerazzurra, quella col numero “3”. Da quel momento nessuno l’ha più indossata. Atleta sobrio e educatissimo, Facchetti fu esempio di integrità morale e di lealtà sportiva, simbolo dello “stile” Inter in tutto il Mondo. Esordì (stranamente) come attaccante ma poi Herrera (tecnico bravissimo e parte integrante della storia nerazzurra) lo trasformò poco per volta in “Facchetti”. Cioè in uno dei difensori più forti a livello mondiale. Nel 1980 ricoprì il ruolo di Vice Presidente dell’Atalanta. Una breve parentesi, durata 9 mesi, prima di tornare a casa. Dell’Inter non fu solo “bandiera” e trascinatore nel rettangolo di gioco ma anche Vice Presidente dopo la morte dell’avvocato Giuseppe Prisco e Presidente il 19 gennaio del 2004 dopo le dimissioni di Massimo Moratti. La Grande Inter di Helenio Herrera non potrà essere mai dimenticata  anche grazie alle gesta di questo Campione a dir poco “speciale”.

L’Inter fu “grande Inter” anche per merito di Giacinto Facchetti. La storia ne alimenta il ricordo. Il suo volto “illumina” San Siro.  Indimenticabile quella “mitica” Squadra: Sarti, Burgnich, Facchetti; Bedin, Guarneri, Picchi; Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso. Allenatore Helenio Herrera.

Claudio D’Aleo

Foto di apertura dal sito ufficiale dell'Inter, le altre foto dalla mia collezione di Guerin Sportivo

Commenti

  1. Un milanista che tesse le lodi di un campione interista.
    Questa sì che è sportività.
    Onore a te.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie per aver apprezzato :), l'amico Claudio ha proposto lui stesso di alternare campioni rossoneri a campioni di altre squadre :)

      Elimina
  2. Questo personaggio lo ricordo. Serena giornata, Riccardo.
    sinforosa

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un grande, Sinfo. I calciatori di oggi (e non è un problema di tatuaggi e barbe lunghe) non hanno lo stile di questi grandi calciatori.

      Elimina
    2. C'è un post per te, da me.
      sinforosa

      Elimina
  3. Riky, Facchetti è forse uno dei terzini più forte di tutti i temi. Come giocatore e come uomo era un esempio da imitare.
    La fascia sinistra del campo era tutta sua. Imbattibile in marcatura e abile nelle azioni d'attacco che spesso si concludevano con le sue reti.
    Ricordo che quando la Juve giocava contro l'Inter il nostro Causio, attaccante esterno di destra, abile nel saltare l'uomo con Giacinto non vedeva nemmeno la palla.
    Un campione come lui è apprezzato da tutti, compresi milanisti e juventini. Tu sei stato obiettivo e non sportivo. Prima di parlare bisogna capirle le cose.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Gus,
      in realtà sulla sportività-obiettività non è così scontato: ci sono tantissimi tifosi non milanisti che non considerano Baresi un campione (ci sta invece il considerarlo un cornuto, ahhaah).
      Il tifoso non sempre è sportivo e obiettivo, gli stessi giornalisti e opinionisti.
      Penso a una nota giornalista di un giornale rosa, molto partigiana per la Juventus.
      Penso ai voti dati da un interista sul noto giornale rosa, che per i milanisti sono sempre più bassi.
      Io stesso mi sforzo di essere obiettivo, ma è facile che il sangue rossonero possa inficiare qualche mio giudizio.
      Il problema è che il calcio non è matematica e quindi si può dire tutto e il contrario di tutto :)
      Apprezzo molto il tuo commento, ma apprezzo anche chi ha messo in evidenza il fatto che, su un blog di un tifoso milanista, un altro tifoso milanista abbia tessuto univoche lodi di una bandiera interista.
      Venendo a Facchetti, mi piace sottolineare ciò che ho messo nel titolo: monumento sportivo e campione di stile.
      Tanto di cappello a lui.
      Purtroppo non ho mai visto partite sue, così come quelle di Gianni Rivera e di Riva (per citare altri big di questa sezione "ritratti").
      Mi sono dovuto rifare con gli almanacchi del calcio e con gli speciali televisivi.

      Elimina
  4. Ci sono calciatori che sono grandi anche fuori dal campo.
    Sereno giorno.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Esattamente, Facchetti era uno di questi.
      Ciao Cav!

      Elimina
  5. Ecco il bello della sportività. Tifare una squadra antagonista e parlare con ammirazione di un calciatore che ha fatto la storia di coloro con cui solitamente ci si scontra.
    Bravo Riccardo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. giro i complimenti all'amico Claudio :), mi fa piacere abbiate apprezzato

      Elimina
  6. A me fa ridere il termine "vice campioni del mondo" per citare i secondi arrivati. Come se in caso i campioni dovessero morire, allora i secondi diventerebbero i campioni 😅
    Ammetto la mia totale ignoranza sul calciatore.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In realtà, qualora fosse squalificata la squadra vincitrice, ecco che il termine conquisterebbe senso :D. Comunque non ci avevo pensato, fa ridere in effetti :D

      Elimina
  7. Un esempio di calciatore e sportività, alla pari dell'altrettanto compianto Scirea. Fa schifo che da defunto abbiano cercato di tirarlo dentro a Calciopoli, e lo dico da juventino!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono d'accordissimo con ciò che dici nel tuo commento, Fabri :)

      Elimina
  8. Questo lo conosco di fama. Non ricordavo fosse morto nel 2006.
    Era davvero stato la bandiera di una Inter top, che bei tempi quelli che hai ricordato e descritto... :)

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono felice che questo post sia piaciuto :)

      Elimina
  9. Mi spiace tantissimo essermi persa questo post. Il problema è che non riesco a star dietro a tutto. Ma ho apprezzato tanto, davvero. Soprattuto l'obiettività messa in "campo". Io non ho fatto in tempo a vederlo giocare ma ho cercato di recuperare con stralci di partite e video recuperati sul web. Ma l'ho conosciuto bene dopo. Signore assoluto
    Lui è leggenda💛 grazie Riky e Claudio sempre🔝

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non ti preoccupare,
      perché come vedi in questo blog posto molto proprio per cercare di colpire le esigenze di tutti, il mio blog è fatto anche per una visita a settimana, come una piccola rivista poi si legge ciò che interessa :).
      Sono felice tu abbia apprezzato e girerò i complimenti a Claudio, se li merita, anche per la costanza con cui mi dona i suoi splendidi pezzi.

      Elimina

Posta un commento